Il PUT presentato in Consiglio Comunale a Casalmaggiore il 31/10/2016 non è conforme alle "Direttive per la redazione adozione ed attuazione dei piani urbani del traffico" D.M. 24/06/1995.
Come vedremo nei paragrafi successivi la riapertura al traffico di Piazza Turati, l'apertura di una strada ai veicoli a motore ed il nuovo parcheggio con abbattimento di verde pubblico nel parco della scuola Romani, l'eliminazione dei passaggi pedonali in piazza Garibaldi e sulle altre vie del centro, l'assenza di un piano di sicurezza per pedoni e ciclisti davanti alle scuole e sui percorsi casa scuola, la concentrazione del traffico veicolare in piazza Garibaldi sono tutti provvedimenti in contrasto con le direttive ministeriali.
Non occorrono osservazioni o raccolte firme contro questo PUT, basta chiedere il rispetto delle Direttive ministeriali, che non possono essere violate.
Rimandando al testo intergrale sotto, facciamo notare che:
2.2.
- MIGLIORAMENTO DELLA SICUREZZA STRADALE
"La
sicurezza della circolazione stradale deve in particolar modo
interessare i ciclisti ed i pedoni e, fra questi ultimi, precipuamente
gli scolari e le persone anziane e quelle con limitate capacità motorie
(difesa delle utenze deboli)."
2.6.
- RISPETTO DEI VALORI AMBIENTALI.
"Il
rispetto dei valori ambientali consiste nel preservare ed al tempo
stesso migliorare - per quanto possibile - la fruizione dell'ambiente
urbano nel suo complesso e delle peculiarità delle singole parti che lo
caratterizzano, quali i centri storici, le aree protette -
archeologiche, monumentali e naturali - e gli spazi collettivi destinati
al transito ed alla sosta pedonali, alle attività commerciali,
culturali e ricreative ed al verde pubblico e privato."
"Nel
settore specifico, la riqualificazione ambientale di detti centri ed
aree, che in taluni casi si identifica con la diretta necessità di
recupero fisico di spazio pedonale, si ottiene mediante la riduzione dei
carichi veicolari stradali all'interno delle stesse aree, sempre
comunque nell'ottica di conservare un efficiente grado di accessibilità
alle aree medesime, proprio per mantenere in esercizio la loro elevata
qualificazione funzionale."
3.2.
- INTERVENTI SULLA DOMANDA DI MOBILITÀ.
"Le
quattro componenti fondamentali del traffico, qui di seguito esposte
secondo l'ordine assunto nella loro scala dei valori all'interno del
Piano, sono:
1
- circolazione dei pedoni;
2
- movimento di veicoli per il trasporto collettivo con fermate di linea (autobus, filobus e tram), urbani ed extraurbani;
3
- movimento di veicoli motorizzati senza fermate di linea
(autovetture, autoveicoli commerciali, ciclomotori, motoveicoli, autobus
turistici e taxi);
4
- sosta di veicoli motorizzati, in particolare relativamente alle autovetture private."
"L'adozione
dell'anzidetta scala dei valori delle componenti fondamentali del
traffico rappresenta una precisa strategia del Piano, dalla quale in
generale consegue che, in caso di congestione di una strada dovuta alla
presenza contemporanea delle quattro componenti anzidette il problema
viene risolto "allontanando" - dapprima - la sosta dei veicoli privati
individuali e - successivamente qualora non si fosse raggiunto il grado
di riordino desiderato, - le altre componenti di traffico, nell'ordine
inverso a quello precedentemente indicato."
3.2.2.
- Alternative spaziali, modali e temporali.
"Nel
caso di centri abitati di modeste dimensioni, laddove non esiste e
non è fattibile un sistema di trasporto pubblico collettivo, risulta
egualmente valido il criterio di fornire alternative modali all'uso di
autoveicoli per il trasporto individuale privato, che trova la sua
applicazione specifica attraverso adeguate facilitazioni per le modalità
di trasporto pedonali (con eventuali loro ausili meccanici) e
ciclistiche (specialmente per le aree urbane in pianura), naturalmente
con un raggio di azione più limitato di quello del trasporto pubblico,
ma - comunque - rese convenienti dalla minore estensione dei centri
medesimi."
QUESTO PUT E' IN TOTALE CONTRASTO CON LE DIRETTIVE MINISTERIALI PERCHE':
1. NEL "MIGLIORAMENTO DELLA SICUREZZA STRADALE" NON SI CONCENTRA SU PEDONI E CICLISTI
2. NEL "RISPETTO DEI VALORI AMBIENTALI" ELIMINA SPAZIO FISICO NELLE PIAZZE E NEI PARCHI PUBBLICI
3. NEGLI "INTERVENTI SULLA DOMANDA DI MOBILITA'" NON RISPETTA LA SCALA DI VALORI CHE VEDE AL PRIMO POSTO I PEDONI ED I CICLISTI E NON FORNISCE ALTERNATIVE MODALI ALL'USO DEGLI AUTOVEICOLI A MOTORE.
Direttiva
ministeriale del 24/06/1995
Direttive
per la redazione, adozione ed attuazione dei piani urbani del traffico.
(Suppl.
Ordin. Gazzetta Ufficiale n° 146 del 24/06/1995)
(Art.
36 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. Nuovo codice della strada)
IL
MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI
DI
CONCERTO CON
IL
MINISTERO DELL'AMBIENTE
E
LA
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
DIPARTIMENTO
PER LE AREE URBANE
Vista
la legge 13 giugno 1991, n.190, ed in particolare l'articolo 1, comma 1, lettera a;
Visto
il decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285, come modificato dal decreto legislativo 10 settembre 1993, n.360;
Vista
la deliberazione 7 aprile 1993 del Comitato interministeriale per la programmazione economica nel trasporto (CIPET);
Sentito
il parere della sesta sezione del Consiglio superiore dei lavori pubblici, espresso nell'adunanza del 24 maggio 1994;
Visto
l'articolo 9, comma 9, del decreto legge 25 novembre 1994, n. 649, e
successive reiterazioni, che modifica la denominazione dell'ispettorato
generale per la circolazione e la sicurezza stradale in Direzione
generale della viabilità e mobilità urbana ed extraurbana;
sono
emanate le seguenti:
DIRETTIVE
PER LA REDAZIONE, ADOZIONE ED ATTUAZIONE DEI
PIANI URBANI DEL TRAFFICO
0
- PREMESSA
Il
nuovo Codice della strada (nuovo Cds), all'articolo 36 fa obbligo
della redazione del Piano urbano del traffico (PUT) ai comuni con
popolazione residente superiore a trentamila abitanti, ovvero comunque
interessati da rilevanti problematiche di circolazione stradale.
Il
PUT costituisce uno strumento tecnico-amministrativo di breve
periodo, finalizzato a conseguire il miglioramento delle condizioni
della circolazione e della sicurezza stradale, la riduzione
dell'inquinamento acustico ed atmosferico e il contenimento dei consumi
energetici, nel rispetto dei valori ambientali. Esso deve essere
coordinato, oltre che con i Piani del traffico per la viabilità
extraurbana previsti dallo stesso articolo 36, per i quali saranno
emanate apposite direttive, con gli strumenti urbanistici, con i Piani
di risanamento e tutela ambientale e con i Piani di trasporto. Piani -
questi - che costituiscono gli strumenti di valenza strategica per il
governo del sistema della mobilità, dell'ambiente dell'assetto
urbanistico e della programmazione economica di un determinato ambito
territoriale. Tale governo è finalizzato al conseguimento, tra l'altro,
dei medesimi obiettivi perseguiti dal PUT.
Occorre
quindi che questi strumenti siano coordinati in modo tale da rendere
integrate e reciprocamente congrue le azioni e gli interventi che ogni
strumento si propone di attuare. Le presenti "Direttive per la
redazione, adozione ed attuazione dei Piani urbani del traffico", ai
sensi del citato articolo 36 del nuovo Cds, vengono emanate dal Ministro
dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro dell'ambiente ed il
Ministro per i problemi delle aree urbane, sulla base delle indicazioni
formulate dal Comitato interministeriale per la programmazione economica
nel trasporto (CIPET) nella deliberazione 7 aprile 1993.
Le
presenti direttive sono rivolte sia ai comuni, tenuti all'adozione
del PUT, sia ai tecnici, ai quali i comuni stessi, con i criteri
indicati al successivo paragrafo 5.8, affidano l'incarico di redazione
del PUT.
Alle
direttive possono far riferimento anche quei comuni che, pur non
essendo tenuti per legge, ritengono opportuno dotarsi di un PUT.
Le
direttive trattano sia la fase della redazione del PUT, per la quale
hanno valenza di prescrizioni, sia le fasi dell'adozione e
dell'attuazione dello stesso, intendendo rispettare, in ogni caso,
l'autonomia degli enti locali nella determinazione delle procedure
interne e nell'organizzazione degli uffici.
La
necessità della trattazione delle suddette fasi deriva:
-
dalla previsione del nuovo Cds dell'obbligo di adozione del PUT;
-
dalle specifiche indicazioni contenute al punto 4.4. della delibera CIPET sopracitata;
-
dalla considerazione che l'adozione del PUT costituisce una fase
intermedia tra i diversi livelli del processo di redazione del PUT
(piano generale, piano particolareggiato, piano particolareggiato, piano
esecutivo), mentre l'attuazione del PUT stesso costituisce la prima
fase del suo processo di aggiornamento.
I
criteri guida per la redazione dei PUT, tenuto conto delle anzidette
indicazioni del CIPET, sono sinteticamente individuabili nei seguenti
due punti:
-
progettazione degli interventi in una logica globale del sistema
della mobilità, dell'ambiente e della pianificazione urbanistica, con
particolare attenzione al coordinamento con i Piani che governano il
sistema stesso;
-
utilizzo congiunto di misure atte a migliorare l'offerta di trasporto
e di misure intese al controllo ed all'orientamento della domanda di
mobilità, ivi inclusa l'eventuale introduzione di misure di tariffazione
sull'uso dell'automobile in ambito urbano.
Gli
interventi da prevedersi nel PUT saranno relativi alle condizioni di
circolazione usuali che si verificano durante l'anno sia alle eventuali
condizioni di emergenza ambientali derivanti dal superamento dei limiti
di inquinamento ammissibili, come indicato al successivo paragrafo 5.6.
Analogamente particolare attenzione è posta per le aree protette -
archeologiche, monumentali e naturali - e particolarmente vulnerabili,
tramite i criteri individuati al paragrafo 2.6., che dovranno essere
rispettati, nella redazione del PUT, unitamente alle specifiche
indicazioni dei Piani di tutela eventualmente predisposti dagli uffici
competenti.
Le
presenti direttive sono formulate in maniera unitaria sia per i
centri di piccole dimensioni sia per i centri di medie e grandi
dimensioni, in quanto comuni sono i problemi della circolazione e gli
obiettivi da perseguire.
Diversi
sono in genere i contenuti da applicare per le due tipologie di
centri abitati e pertanto, per i piccoli centri, sono possibili ipotesi
riduttive in rapporto alla realtà locale, come indicato nello specifico
capitolo ed in particolare al paragrafo 4.4.
Per
i comuni interessati da fenomeni stagionali di affluenza turistica il
PUT dovrà configurare diverse soluzioni di organizzazione della
circolazione nella stagione turistica e nel residuo periodo dell'anno,
con particolare riferimento a quelle della stagione turistica, e con
possibilità d'uso di segnaletica rimovibile o di limitata valenza
temporale. Il grado di approfondimento delle analisi delle indagini, dei
contenuti progettuali e dei relativi elaborati di piano sarà adeguato
alla rilevanza delle problematiche di congestione della circolazione
stradale.
Fermo
restando che il PUT è un piano a breve termine e che la sua
attuazione non comporta rilevanti impegni finanziari non è da escludere
che in taluni casi sia necessario prevedere opere ed interventi di
rilevante impegno economico. In detti casi, fatte salve le verifiche
previste al paragrafo 2.5., nel PUT stesso devono essere contenute
specifiche valutazioni di fattibilità tecnico-economica, in modo
differenziato per ogni livello di Piano come indicato nei paragrafi 4.1.
e 4.2. In ogni caso, al livello di piano esecutivo di cui al paragrafo
4.3. devono essere previste specifiche valutazioni finanziarie per
l'attuazione del PUT in modo da consentire alle amministrazioni comunali
una previsione di impegno certo di spesa.
Le
presenti direttive, redatte in relazione alla crescente complessità
dei problemi della mobilità e dell'ambiente nelle aree urbane ed agli
avanzamenti scientifici nella pianificazione della circolazione,
sostituiscono la precedente circolare 6 agosto 1986, n. 2575, del
Ministero dei lavori pubblici "Disciplina della circolazione stradale
nelle zone urbane ad elevata congestione del traffico veicolare. Piani
urbani del traffico" e la circolare 20 settembre 1961, n. 50067, del
Ministero dei lavori pubblici sugli "Uffici comunali del traffico".
1
- DEFINIZIONI.
Il
Piano urbano del traffico (PUT) è costituito da un insieme coordinato
di interventi per il miglioramento delle condizioni della circolazione
stradale nell'area urbana, dei pedoni, dei mezzi pubblici e dei veicoli
privati, realizzabili nel breve periodo - arco temporale biennale - e
nell'ipotesi di dotazioni di infrastrutture e mezzi di trasporto
sostanzialmente invariate.
In
particolare il PUT deve essere inteso come "piano di immediata
realizzabilità", con l'obiettivo di contenere al massimo - mediante
interventi di modesto onere economico - le criticità della circolazione;
tali criticità - specialmente nelle aree urbane di maggiori dimensioni -
potranno infatti essere interamente rimosse solo attraverso adeguati
potenziamenti sull'offerta di infrastrutture e di servizi del trasporto
pubblico collettivo, che costituiscono l'oggetto principale del Piano
dei trasporti, realizzabile nel lungo periodo - arco temporale
decennale.
La
corretta progettazione dell'organizzazione della circolazione
stradale deve prevedere interventi su tutti i suoi settori, ivi inclusa ,
oltre la gestione ottimale degli spazi stradali esistenti, pubblici o
aperti all'uso pubblico (individuazione degli interventi di
organizzazione delle sedi viarie, finalizzata al miglior uso possibile
delle medesime per la circolazione stradale). anche - ove necessario -
la gestione ottimale del sistema di trasporto pubblico collettivo
stradale (individuazione di nuovi percorsi e nuove frequenze delle
linee, finalizzata al migliore uso possibile del relativo parco dei
mezzi esistenti). In tale evenienza il PUT può più propriamente essere
denominato Piano della mobilità, mentre nell'altra evenienza rimane al
PUT il significato - più limitato - di gestione ottimale degli spazi
stradali esistenti.
Qualora,
soprattutto nelle prime fasi di attuazione delle presenti direttive,
difficoltà operative e finanziarie rendessero in genere non realizzabili
in tempi brevi interventi significativi sulla struttura dei servizi di
trasporto pubblico collettivo, quest'ultima può essere considerata
invariante nella redazione del PUT.
Tuttavia,
anche in questo caso la progettazione e la verifica degli interventi
previsti nel PUT devono considerare gli effetti ditali interventi sulle
prestazioni e la Capacità del servizio di trasporto pubblico collettivo,
nonché sulla nuova domanda di trasporto pubblico generata e sulla
possibilità di soddisfacimento ditale domanda.
Nel
processo di pianificazione e governo del sistema dei trasporti a
scala urbana, il PUT costituisce in definitiva lo strumento tecnico -
amministrativo di breve periodo, che mediante successivi aggiornamenti
(piano - processo) rappresenta le fasi attuative di un disegno
strategico - di lungo periodo - espresso dal Piano dei trasporti, da
elaborare in genere a scala comprensoriale (bacino di traffico) e con
riferimento anche a tutte le altre modalità di trasporto non stradale.
Quest'ultimo
Piano, infatti, è costituito da un insieme articolato di interventi
relativi allo sviluppo dell'offerta di infrastrutture e servizi di
trasporto, congiunti a politiche di controllo delle modalità di
soddisfacimento della domanda di mobilità (politiche di controllo della
domanda) ed ad indirizzi per la pianificazione territoriale ed
urbanistica; il Piano dei trasporti costituisce, pertanto, uno strumento
di fondamentale valenza strategica per l'ordinato sviluppo delle aree
urbane.
Il
PUT deve essere redatto, comunque, anche nelle more della redazione
dei Piani di governo della mobilità e dell'ambiente di cui alla
premessa, ivi compreso il Piano dei trasporti; in tal caso esso può
prevedere eccezionalmente alcuni limitati interventi sull'offerta di
infrastrutture e servizi di trasporto, per i quali vanno tuttavia
effettuate accurate valutazioni economiche e finanziarie, come appresso
specificato.
2
- OBIETTIVI ED INDICATORI FONDAMENTALI.
Il
PUT va elaborato (articolo 36, comma 4, del nuovo Cds) attraverso indagini, studi e progetti finalizzati ad
ottenere:
1)
il miglioramento delle condizioni di circolazione (movimento e sosta),
2)
il miglioramento della sicurezza stradale (riduzione degli incidenti stradali),
3)
la riduzione degli inquinamenti atmosferico ed acustico,
4)
il risparmio energetico, nonché in accordo con gli strumenti
urbanistici ed i Piani dei trasporti vigenti e nel rispetto dei valori
ambientali.
Il
conseguimento di ciascuno dei quattro obiettivi indicati può essere
espresso da opportuni indicatori, il cui valore si può stimare in sede
di progettazione e/o successivamente all'attuazione del Piano. Si
considerano in generale sia i valori assoluti degli indicatori sia i
valori relativi al traffico totale, espresso in termini di veicoli x km
e/o viaggiatori x km.
2.1.
- MIGLIORAMENTO DELLE CONDIZIONI Dl CIRCOLAZIONE.
Migliorare
le condizioni della circolazione stradale, nei suoi aspetti di
movimento e sosta degli utenti, significa soddisfare la domanda di
mobilità al miglior livello di servizio possibile, nel rispetto dei
vincoli di Piano (economici, urbanistici e ambientali).
A
questi fini il livello di servizio si identifica - anzitutto - con il
grado di fluidità dei movimenti veicolari, il cui miglioramento
permette velocità più regolari e mediamente più elevate di quelle
attuali. Ciò comporta, in particolare, un benefico effetto anche sulle
velocità dei trasporti collettivi su strada e, quindi, la riduzione dei
tempi di spostamento e del disagio di tutti gli utenti. Inoltre,
l'ottenimento di maggiore velocità e regolarità dei servizi collettivi
di trasporto concorre a richiamare più utenza su tale tipo di servizio,
determinando così un ulteriore fondamentale elemento di
decongestionamento del traffico urbano, tenuto conto della più elevata
capacità di trasporto dei mezzi collettivi rispetto a quelli
individuali.
Il
miglioramento delle condizioni di circolazione riguarda anche
l'utenza pedonale, nonché la sosta veicolare. Maggiore fruibilità della
città da parte dei pedoni e minore perdita di tempo nella ricerca dei
posti di sosta veicolare, ove consentita sono quindi obiettivi di pari
importanza rispetto a quello della fluidificazione dei movimenti
veicolari.
In
particolare, gli indicatori del miglioramento dei movimenti veicolari
possono essere definiti, mediante parametri di deflusso in una fascia
oraria, disaggregati (per singoli tronchi della rete) e/o aggregati (per
intere reti stradali e di trasporto collettivo), quali il rapporto
flusso/capacità, la velocità commerciale media, il tempo complessivo di
viaggio (veicoli x ora e/o viaggiatori x ora).
2.2.
- MIGLIORAMENTO DELLA SICUREZZA STRADALE.
Il
PUT deve perseguire, altresì, il miglioramento della sicurezza
stradale e - quindi - la consistente riduzione degli incidenti stradali e
delle loro conseguenze, in generale, mediante la separazione ed il
controllo delle diverse componenti di traffico (di cui al successivo
pgf. 3.2.1.) ed, in particolare, mediante l'attuazione delle proposte
derivanti da specifiche analisi tecniche sulle cause degli incidenti
stradali, con preminente riferimento a quelle relative a carenze
infrastrutturali e/o di regolazione e controllo del traffico.
La
sicurezza della circolazione stradale deve in particolar modo
interessare i ciclisti ed i pedoni e, fra questi ultimi, precipuamente
gli scolari e le persone anziane e quelle con limitate capacità motorie
(difesa delle utenze deboli).
Il
conseguimento di questo obiettivo è da ritenersi soddisfatto in sede
di redazione del Piano quando la progettazione risulti conforme alle
norme del nuovo Cds ed a quelle - di settore - del Consiglio nazionale
delle ricerche; esso - comunque - va successivamente misurato in fase di
verifica e valutato nelle sue componenti attraverso una dettagliata
analisi delle modalità e delle conseguenze degli incidenti stradali.
2.3.
- RIDUZIONE DEGLI INQUINAMENTI ATMOSFERICO ED ACUSTICO.
Ai
fini della protezione della salute e dell'ambiente il PUT deve
concorrere a perseguire, inoltre, la riduzione degli inquinamenti
atmosferico ed acustico, cui il traffico veicolare concorre in modo
rilevante specialmente nei casi esistenti di marcia lenta, discontinua
ed episodica e di condizioni meteorologiche particolari.
Tale
riduzione, oltre che mediante gli interventi propri dei plani e dei
programmi di più ampia portata (controlli programmati sulla qualità dei
carburanti usati per la trazione veicolare, campagne di controllo delle
emissioni inquinanti e della rumorosità dei veicoli in circolazione,
impiego alternativo di veicoli con propulsori ad energia pulita,
interventi attivi o passivi di contenimento del rumore), viene
perseguita. nei limiti, del PUT, in generale attraverso la
fluidificazione del traffico (cfr. 1 obiettivo) ed interventi di
orientamento e controllo della domanda di mobilità, ed, ove necessario,
attraverso la limitazione della circolazione veicolare.
Per
quel che riguarda l'inquinamento atmosferico tali misure dovranno
riguardare. in particolare, i centri abitati compresi nelle zone esposte
a rischio di episodi acuti di inquinamento atmosferico, individuate
dalle regioni ai sensi dell'articolo 9 del decreto del Ministro
dell'ambiente 20.5.91 "Criteri per la raccolta dei dati inerenti la
qualità dell'aria".
Specifici
provvedimenti dovranno essere presi a difesa delle aree del centro
abitato particolarmente vulnerabili dal punto di vista dell'esposizione
ad inquinanti atmosferici ove individuate nell'ambito dei Piani di
intervento operativo per la gestione degli stati di attenzione e di
allarme, previsti dallo stesso D.M. 20.5.91 e predisposti dall'autorità
competente individuata dalle regioni ai sensi del D.P.R. 10.1.92 "Atto
di indirizzo e coordinamento in materia di sistemi di rilevazione
dell'inquinamento urbano". Per quanto riguarda l'inquinamento acustico
si dovrà tener conto della classificazione in zone di cui all'articolo 2
del D.P.C.M. 1.3.91 con particolare riguardo alle classi I e II di cui
alla tabella I dell'allegato 3 allo stesso decreto.
Il
raggiungimento di questo obiettivo va verificato mediante la
rilevazione sia delle emissioni e/o tassi di concentrazione delle
principali sostanze inquinanti, sia dei livelli di rumore che si
determinano nelle varie zone urbane, specialmente con riferimento a
quelle oggetto di specifica tutela.
I
risultati di dette rilevazioni vanno confrontati con i valori limite
fissati - per l'inquinamento acustico - dal decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri - 1.3.1991, e - per l'inquinamento atmosferico -
dal decreto del Ministro dell'Ambiente 15.4.1994 (con rispettivi
riferimenti, per quest'ultimo, al decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri 28.3.1983 ed al decreto del Presidente della Repubblica n.
203/1988).
2.4.
- RISPARMIO ENERGETICO.
Con
il razionale uso dei mezzi di trasporto e delle sedi stradali si
ottiene, la fluidificazione del traffico, il che comporta essenzialmente
sia la riduzione dei tempi di viaggio, sia il risparmio dei consumi
energetici dei veicoli pubblici e privati, come dettagliatamente esposto
nella circolare del Ministro per i problemi delle aree urbane del
28.5.1991, n. 1196, pubblicata sulla G.U. n. 134 del 10.6.1991.
Infatti,
io stesso controllo periodico dei livelli di efficienza dei motori a
combustione dei veicoli pubblici e privati consente notevoli risparmi
energetici, che vanno ad aggiungersi alla diminuzione degli inquinamenti
atmosferici.
Pertanto,
anche dal punto di vista in esame, i benefici ricavabili in termini
finanziari dalla collettività, pur valutati solo in termini economici
diretti, in seguito all'adozione e conseguente realizzazione del PUT
sono quindi prevedibilmente di gran lunga superiori ai costi che le
amministrazioni comunali devono affrontare.
Il
conseguimento dell'obiettivo in esame può essere misurato mediante la
determinazione del consumo, specifico e complessivo, del carburante dei
veicoli motorizzati pubblici e privati ed, eventualmente, di altre
fonti energetiche (energia elettrica per tram e filovie, in relazione
alle condizioni di traffico determinate.
2.5.
- ACCORDO CON GLI STRUMENTI URBANISTICI ED I PIANI DEI TRASPORTI VIGENTI.
Fermo
restando che il PUT é uno strumento di pianificazione sottordinato
rispetto al PRG vigente, il PUT stesso può proporre eccezionalmente
aggiornamenti allo stesso PRG o agli strumenti di attuazione vigenti.
L'armonizzazione
tra PUT e strumenti urbanistici si realizza attraverso:
-
la verifica che le eventuali opere infrastrutturali previste dal PUT
siano contenute negli strumenti urbanistici vigenti. In caso contrario
si avviano le procedure di variazione degli strumenti urbanistici, nei
modi e nelle forme previste dalla legislazione vigente;
-
la verifica che le trasformazioni del territorio, le modifiche di
destinazione d'uso ed in generale l'attuazione delle opere previste
dagli strumenti urbanistici (qualora generino od attraggano traffico)
siano compatibili con gli indirizzi del PUT. In caso contrario si
procede attraverso una opportuna attività di coordinamento tra gli
uffici appartenenti ai diversi assessorati competenti, alfine di
raccordare le diverse esigenze.
Per
l'armonizzazione tra il PUT e l'eventuale Piano dei trasporti vigente vale quanto espresso al precedente capoverso.
2.6.
- RISPETTO DEI VALORI AMBIENTALI.
Il
rispetto dei valori ambientali consiste nel preservare ed al tempo
stesso migliorare - per quanto possibile - la fruizione dell'ambiente
urbano nel suo complesso e delle peculiarità delle singole parti che lo
caratterizzano, quali i centri storici, le aree protette -
archeologiche, monumentali e naturali - e gli spazi collettivi destinati
al transito ed alla sosta pedonali, alle attività commerciali,
culturali e ricreative ed al verde pubblico e privato.
Nel
settore specifico, la riqualificazione ambientale di detti centri ed
aree, che in taluni casi si identifica con la diretta necessità di
recupero fisico di spazio pedonale, si ottiene mediante la riduzione dei
carichi veicolari stradali all'interno delle stesse aree, sempre
comunque nell'ottica di conservare un efficiente grado di accessibilità
alle aree medesime, proprio per mantenere in esercizio la loro elevata
qualificazione funzionale.
La
riduzione dei carichi veicolari può interessare anche - in
particolare - il transito dei mezzi pesanti per problemi di inquinamento
da vibrazioni, oppure la sosta di autovetture e specialmente di mezzi
pesanti per problemi di intrusione visiva.
3
- STRATEGIE GENERALI DI INTERVENTO.
La
corretta organizzazione del traffico urbano richiede un'ampia serie
coordinata di interventi, su tutto il territorio urbanizzato e su tutte
le componenti della circolazione stradale.
Gli
interventi in questione possono riassumersi nei due seguenti tipi di strategie generali da adottare:
-
il miglioramento della capacità di trasporto dell'intero sistema,
comprendente la rete stradale, le aree di sosta ed i servizi di
trasporto pubblico collettivo, ove esistenti;
-
l'orientamento ed il controllo della domanda di mobilità verso modi
di trasporto che richiedano minori disponibilità di spazi stradali
rispetto alla situazione esistente.
Le
strategie in questione vengono di seguito indicate con le
denominazioni sintetiche di "interventi sull'offerta di trasporto" ed
"interventi sulla domanda di mobilità".
3.1.
- INTERVENTI SULL'OFFERTA DI TRASPORTO.
3.1.1.
- Classifica funzionale delle strade.
La
principale causa di congestione del traffico urbano si identifica
nella promiscuità d'uso delle strade (tra veicoli e pedoni, tra
movimenti e soste, tra veicoli pubblici collettivi e veicoli privati
individuali). Pertanto, la riorganizzazione della circolazione stradale
richiede in primo luogo la definizione di un'idonea classifica
funzionale delle strade.
Detta
classifica individua, infatti, la funzione preminente o l'uso più
opportuno, che ciascun elemento viario deve svolgere all'interno della
rete stradale urbana, per risolvere i relativi problemi di congestione e
sicurezza del traffico, in analogia e stretta correlazione agli
strumenti urbanistici che determinano l'uso delle diverse aree esterne
alle sedi stradali.
La
classifica in questione, coerentemente all'articolo 2 del nuovo Cds
ed alle norme del C.N.R., fa riferimento in generale ai seguenti quattro
tipi fondamentali di strade urbane:
-
autostrade, la cui funzione è quella di rendere avulso il centro
abitato dai problemi del suo traffico di attraversamento, traffico -
questo - che non ha interessi specifici con il centro medesimo in quanto
ad origine e destinazioni degli spostamenti. Nel caso di vaste
dimensioni del centro abitato, alcuni tronchi terminali delle autostrade
extraurbane - in quanto aste autostradali di penetrazione urbana -
hanno la funzione di consentire un elevato livello di servizio anche per
la parte finale (o iniziale) degli spostamenti di scambio tra il
territorio extraurbano e quello urbano. Per questa categoria di strade
sono ammesse solamente le componenti di traffico relative ai movimenti
veicolari, nei limiti di quanto previsto all'articolo 175 del nuovo Cds
ed all'articolo 372 del relativo Regolamento di esecuzione. Ne risultano
pertanto escluse, in particolare, le componenti di traffico relative ai
pedoni, ai velocipedi, ai ciclomotori, alla fermata ed alla sosta
(salvo quelle di emergenza);
-
strade di scorrimento, la cui funzione, oltre a quella
precedentemente indicata per le autostrade nei riguardi del traffico di
attraversamento e del traffico di scambio, da assolvere completamente o
parzialmente nei casi rispettivamente di assenza o di contemporanea
presenza delle autostrade medesime, è quella di garantire un elevato
livello di servizio per gli spostamenti a più lunga distanza propri
dell'ambito urbano (traffico interno al centro abitato).
Per
questa categoria di strade è prevista dall'articolo 142 del nuovo Cds
la possibilità di elevare il limite generalizzato di velocità per le
strade urbane, pari a 50 km/h, fino a 70 km/h. Per l'applicazione delle
presenti direttive vengono individuati gli itinerari di scorrimento
costituiti da serie di strade, le quali - nel caso di presenza di corsie
o sedi riservate ai mezzi pubblici di superficie - devono comunque
disporre di ulteriori due corsie per senso di marcia. Su tali strade di
scorrimento sono ammesse tutte le componenti di traffico, escluse la
circolazione dei veicoli a trazione animale, dei velocipedi e dei
ciclomotori, qualora la velocità ammessa sia superiore a 50 km/h, ed
esclusa altresì la sosta dei veicoli, salvo che quest'ultima risulti
separata con idonei spartitraffico;
-
strade di quartiere, con funzione di collegamento tra settori e
quartieri limitrofi o, per i centri abitati di più vaste dimensioni, tra
zone estreme di un medesimo settore o quartiere (spostamenti di minore
lunghezza rispetto a quelli eseguiti sulle strade di scorrimento, sempre
interni al centro abitato).
In
questa categoria rientrano, in particolare, le strade destinate a
servire gli insediamenti principali urbani e di quartiere (servizi,
attrezzature, ecc.), attraverso gli opportuni elementi viari
complementari. Sono ammesse tutte le componenti di traffico, compresa
anche la sosta delle autovetture purché esterna alla carreggiata e
provvista di apposite corsie di manovra;
-
strade locali, a servizio diretto degli edifici per gli spostamenti
pedonali e per la parte iniziale o finale degli spostamenti veicolari
privati. In questa categoria rientrano, in particolare, le strade
pedonali e le strade parcheggio; su di esse non è comunque ammessa la
circolazione dei mezzi di trasporto pubblico collettivo.
La
classifica funzionale delle strade nell'ambito del PUT, attraverso
gli anzidetti quattro tipi fondamentali di strade urbane, va adottata
anche nelle more dell'emanazione da parte del Ministro dei lavori
pubblici delle norme per la classificazione delle strade esistenti, di
cui all'articolo 13 , comma 4, del nuovo Cds. Detta classifica viene
redatta tenuto conto - da un lato - delle caratteristiche strutturali
fissate dall'articolo 2 del nuovo Cds e delle caratteristiche
geometriche esistenti per ciascuna strada in esame, nonché delle
caratteristiche funzionali dianzi precisate, e - dall'altro lato - del
fatto che le anzidette caratteristiche strutturali previste dal nuovo
Cds sono da considerarsi come "obiettivo da raggiungere" per le strade
esistenti, laddove siano presenti vincoli fisici immediatamente non
eliminabili (cfr. pgf. 1.2. dell'allegato, dove sono anche indicati
altri tre tipi di strade, con caratteristiche intermedie rispetto a
quelle del nuovo Cds, per meglio adattarsi alle situazioni esistenti).
3.1.2.
- Viabilità principale ed isole ambientali.
L'insieme
di tutti i tipi di strade dianzi esposte, escluse le strade locali,
assume la denominazione di rete principale urbana, caratterizzata dalla
preminente funzione di soddisfare le esigenze di mobilità della
popolazione (movimenti motorizzati), attraverso - in particolare -
l'esclusione della sosta veicolare dalle relative carreggiate stradali.
L'insieme delle rimanenti strade (strade locali) assume la denominazione
di rete locale urbana, con funzione preminente di soddisfare le
esigenze dei pedoni e della sosta veicolare.
La
viabilità principale, così definita, viene a costituire una rete di
itinerari stradali le cui maglie racchiudono singole zone urbane, alle
quali viene assegnata la denominazione di isole ambientali, composte
esclusivamente da strade locali ("isole", in quanto interne alla maglia
di viabilità principale; "ambientali" in quanto finalizzate a recupero
della vivibilità degli spazi urbani).
Si
consideri, in particolare, che il concetto di maglia di viabilità
principale" sembrerebbe non aver significato nel caso di centri abitati
di modestissime dimensioni, basati su un'unica strada principale o su
una coppia di strade principali (di cui l'una confluente o traversante
rispetto all'altra). Tenuto però presente che il presupposto minimo di
riorganizzazione del traffico s'identifica con l'esistenza di uno
specifico itinerario per il traffico di attraversamento urbano, la
contemporanea considerazione di quest'ultimo itinerario
(circonvallazione, nel caso più semplice, e sistema tangenziale, nei
casi più complessi) conduce all'esistenza di maglie della viabilità
principale nel senso precitato.
Le
isole ambientali in questione, anche se periferiche, sono tutte da
considerare come aree con ridotti movimenti veicolari", in quanto - se
non altro - il transito veicolare motorizzato viene dirottato sulla
viabilità principale, almeno per la quota part di non competenza
specifica delle singole zone (eliminazione del traffico di
attraversamento dalle singole isole ambientali). Naturalmente, quando la
rimanente quota di traffico (quella in arrivo ed in partenza da
ciascuna isola) viene anch'essa ad eccedere la capacità della rete
stradale, il che accade in genere per le zone più centrali e per quelle a
più spinta qualificazione direzionale e commerciale, le limitazioni di
circolazione veicolare motorizzata divengono maggiormente impegnative,
vincolando sempre di più la sosta veicolare fino ad escluderla e fianco a
consentire il transito - ove necessario - solo al sistema di trasporto
collettivo, idoneo - appunto - per la sua maggiore capacità di trasporto
a rispondere alle esigenze di mobilità della popolazione.
Il
passaggio graduale, dalla situazione attuale - di un servizio diffuso
"porta a porta" (garantito dal trasporto individuale, ma non più
consentito in determinati ambienti urbani dalla capacità della rete
stradale) -, alla situazione di piano-relativa ad un servizio
concentrato "fermata per fermata" del trasporto collettivo di linea, e/o
concentrato "area di parcheggio per area di parcheggio" - , determina
la formazione di consistenti flussi pedonali, il soddisfacimento delle
cui esigenze - insieme a quelle di carattere ambientale e socioeconomico
- costituiscono poi la premessa vincolante alla realizzazione di aree
pedonali interamente coincidenti od interne alle isole ambientali
anzidette.
3.1.3.
- Principali interventi di miglioramento dell'offerta.
I
principali strumenti attraverso i quali risulta possibile nel breve
termine ottenere il miglioramento della capacità del sistema di
trasporto urbano riguardano;
-
l'eliminazione della sosta veicolare dalla viabilità principale,
-
l'adeguamento della capacità delle intersezioni ai flussi veicolari in transito.
L'eliminazione
della sosta veicolare dalla viabilità principale, al di là degli
interventi di orientamento e controllo della domanda di mobilità di cui
al successivo paragrafo 3.2., in genere comporta:
-
il riordino delle strade, piazze e larghi appartenenti alla viabilità
locale, finalizzato alla possibilità di recupero di nuovi spazi di
sosta (strade - parcheggio ed aree - parcheggio), fatte sempre salve le
esigenze dei pedoni e la vocazione ambientale dei luoghi, tenuto conto
dei relativi valori storici artistici ed architettonici;
-
l'utilizzo - eventualmente provvisorio - delle aree pubbliche, ma
anche private, in attesa di definitiva destinazione urbanistica, in
termini di realizzazione e di gestione di aree di parcheggio -
eventualmente multipiano ad uso pubblico (parcheggi di tipo sostitutivo
della sosta su strada), con possibile attrezzatura di alberature ed
anche con riferimento ad interventi finanziati dall'iniziativa privata -
la realizzazione di parcheggi ad uso privato (parcheggi pertinenziali,
sempre ad uso sostitutivo della sosta su strada), su suolo privato o
anche pubblico, con particolari facilitazioni da prevedere per i privati
interessati alla loro costruzione;
-
il potenziamento e la riorganizzazione del corpo di vigilanza urbana,
in forma diretta ed indiretta intesa quest'ultima come potenziamento
dei servizi atti ad ottenere - in particolare - un idoneo ed efficace
controllo delle modalità di sosta.
In
particolare, rispetto a quanto di anzi affermato, si osservi il
significato di "sanatoria", per l'attuale situazione di congestione
della sosta, che vengono ad assumere le strade - parcheggio e le aree -
parcheggio, come aree sostitutive della vigente sosta indiscriminata su
strada, mentre ai parcheggi pertinenziali ("stanziali" per i residenti e
gli addetti e "di relazione" per l'utenza occasionale ed i visitatori)
ed ai parcheggi di scambio (di cui si dirà successivamente) viene
assegnato la particolare funzione di mantenimento nel tempo delle
condizioni sia di recupero della fluidità sulla viabilità principale,
sia di recupero ambientale dell'area urbana, ottenute attraverso la
realizzazione degli interventi previsti dal PUT. Ancorché sgomberata
dalla sosta, la viabilità principale necessità poi - per l'efficiente
svolgimento delle funzioni ad essa richieste - di tutto quell'insieme di
interventi che vanno sotto la denominazione di adeguamento della
capacità delle intersezioni ai flussi veicolari in transito, tenuto
conto che esse rappresentano - in genere - i punti nevralgici del
sistema della rete stradale.
Questo
settore di intervento, che coinvolge limitazioni alle manovre di
svolta a sinistra, istituzione di sensi unici di marcia, adeguate
canalizzazioni ed, eventualmente, ridisegno delle caratteristiche
geometriche con riduzione del numero dei rami di intersezione, può oggi
avvalersi dei più moderni sistemi tecnologici di controllo del traffico
(a partire dagli impianti semaforici attuati dai flussi veicolare e/o
pedonali), di vasta utilità, sempreché risulti corretto il
dimensionamento della rete principale (come quantità, estesa e
distribuzione delle corsie di marcia messe a disposizione per le diverse
correnti veicolari) e delle politiche intermodali e tariffarie
eventualmente adottate (di seguito esaminate).
3.2.
- INTERVENTI SULLA DOMANDA DI MOBILITÀ.
3.2.1.
- Tipi di componenti del traffico.
Le
quattro componenti fondamentali del traffico, qui di seguito esposte
secondo l'ordine assunto nella loro scala dei valori all'interno del
Piano, sono:
1
- circolazione dei pedoni;
2
- movimento di veicoli per il trasporto collettivo con fermate di linea (autobus, filobus e tram), urbani ed extraurbani;
3
- movimento di veicoli motorizzati senza fermate di linea
(autovetture, autoveicoli commerciali, ciclomotori, motoveicoli, autobus
turistici e taxi);
4
- sosta di veicoli motorizzati, in particolare relativamente alle autovetture private.
Nell'individuazione
delle suddette componenti, ai fini dell'organizzazione del traffico,
si è ritenuta prioritaria la caratterizzazione dei veicoli in "di linea"
e "non di linea", piuttosto che in "pubblici" e "privati".
L'adozione
dell'anzidetta scala dei valori delle componenti fondamentali del
traffico rappresenta una precisa strategia del Piano, dalla quale in
generale consegue che, in caso di congestione di una strada dovuta alla
presenza contemporanea delle quattro componenti anzidette il problema
viene risolto "allontanando" - dapprima - la sosta dei veicoli privati
individuali e - successivamente qualora non si fosse raggiunto il grado
di riordino desiderato, - le altre componenti di traffico, nell'ordine
inverso a quello precedentemente indicato.
Naturalmente
nel quadro anche di quanto esposto al paragrafo seguente, ai fine di
soddisfare - in ogni caso - le esigenze di mobilità della popolazione,
al termine "allontanando" viene assegnato il significato progettuale di
"fornendo l'alternativa comportamentale immediatamente più opportuna",
di carattere spaziale e/o modale e/o temporale.
La
precedente elencazione delle componenti fondamentali non esclude, ove
occorra, la considerazione di altre componenti del traffico, definite
in tale contesto componenti secondarie (quali la circolazione di
velocipedi), nonché il trattamento differenziato di singole categorie di
veicoli all'interno delle anzidette principali componenti di traffico
(movimento di autovetture separato dal movimento di veicoli commerciali
pesanti, oppure sosta di autovetture e sosta di mezzi collettivi).
I
piani ed i progetti parziali, ossia riferiti solo ad una o ad alcune
delle componenti fondamentali del traffico elencate ed ancorché estesi
all'intera area urbana, non possono assumere la denominazione generale
di PUT, ma solo denominazioni specifiche (piano degli itinerari
pedonali, piano delle corsie riservate ai mezzi pubblici, piano dei
parcheggi, piano delle piste ciclabili), in quanto affrontano solo uno
od alcuni aspetti dell'intera problematica. In quanto tale il PUT
richiede, dunque, la contemporanea considerazione sistematica almeno
delle quattro componenti fondamentali del traffico sopra elencate e
delle loro mutue interrelazioni (cfr. pgf. 4.4.).
3.2.2.
- Alternative spaziali, modali e temporali.
Laddove
non esista il trasporto pubblico collettivo, oppure risultino assenti
concrete possibilità di immediato miglioramento del suo servizio, gli
interventi sull'offerta precedentemente descritti finalizzano gli
obiettivi del Piano attraverso - sostanzialmente - la strategia di
fornire alternative spaziali alla mobilità veicolare urbana, consistenti
nell'individuazione di itinerari alternativi per i flussi veicolari e
di spazi di sosta alternativi a quelli in uso sulla viabilità
principale.
L'attuale
grado di saturazione fisica degli spazi disponibili per i movimenti e
la sosta veicolare rende - però - molto spesso insufficiente l'adozione
della sola strategia ora indicata, specialmente per le aree urbane
maggiormente congestionate. In tali situazioni risulta quindi necessario
intervenire orientando - come detto - la domanda di mobilità verso modi
di trasporto che richiedono minori disponibilità di spazi stradali per
il soddisfacimento della domanda medesima (domanda espressa, non più in
veicoli x m, bensì in persone x km). Questa tipologia di interventi
rientra nella cosiddetta politica delle alternative modali, che trova
attuazione fondamentale nella migliore organizzazione possibile del
trasporto collettivo, sia a carattere pubblico che privato (autobus
aziendali).
Nel
caso di centri abitati di modeste dimensioni, laddove non esiste e
non è fattibile un sistema di trasporto pubblico collettivo, risulta
egualmente valido il criterio di fornire alternative modali all'uso di
autoveicoli per il trasporto individuale privato, che trova la sua
applicazione specifica attraverso adeguate facilitazioni per le modalità
di trasporto pedonali (con eventuali loro ausili meccanici) e
ciclistiche (specialmente per le aree urbane in pianura), naturalmente
con un raggio di azione più limitato di quello del trasporto pubblico,
ma - comunque - rese convenienti dalla minore estensione dei centri
medesimi. Queste ultime modalità di trasporto alternative (pedonale e
ciclabile) sono utilizzabili anche nei centri abitati di maggiore
estensione, per formare quel complesso di interventi che - insieme
all'alternativa modale costituita dal trasporto pubblico collettivo -
garantiscono il carattere di intermodalità del PUT oltre che delle
alternative spaziali e modali, il Piano può avvalersi di interventi
relativi alle strategie proprie delle alternative temporali, le quali
fanno riferimento al soddisfacimento della domanda di mobilità - per
quanto utile e conveniente - in orari ricadenti nei cosiddetti periodi
di morbida del traffico, durante i quali si registrano minori intensità
dei flussi veicolari in movimento.
Questi
interventi, che coinvolgono anche altri settori - oltre quello del
traffico - e che pertanto vanno con essi coordinati, riguardano in
genere lo sfalsamento degli orari di inizio e termine delle attività
lavorative e scolastiche, la migliore distribuzione degli orari delle
attività commerciali e degli uffici aperti al pubblico e simili.
3.2.3.
- Principali interventi intermodali.
La
politica delle alternative modali viene in generale resa efficiente
attraverso l'applicazione contestuale - da un lato - di forme di
incentivazione dell'uso dei cosiddetti modi alternativi e - dall'altro
lato - di forme di disincentivazione dell'uso degli autoveicoli per il
trasporto individuale privato, con il vincolo - non sopprimibile - che
la capacità di trasporto alternativa fornita risulti in grado di
assorbire - ad un livello di servizio accettabile - le quote di domanda
ad essa trasferite dal sistema individuale privato.
In
quest'ambito di interventi rientrano misure molto varie, di carattere
tecnico, normativo e tariffario; ad esempio sono ipotizzabili forme di
facilitazione per l'utilizzazione dei taxi e delle autovetture ad uso
collettivo (car pool), in contrapposizione all'adozione di restrizione
alla circolazione delle autovetture ad uso individuale.
Tra
di essi risultano peculiarmente significativi due tipi di intervento:
-
la realizzazione di aree di sosta dove lasciare la propria
autovettura e proseguire lo spostamento con un altro modo di trasporto
(parcheggi di scambio, intesi in questo contesto come forma di
disincentivazione all'uso di autovetture per il trasporto individuale
privato);
-
l'introduzione di particolari sistemi di tariffazione della
circolazione delle autovetture in determinate zone urbane (intesi in
questo contesto come torme di disincentivazione all'uso delle
autovetture con il solo conducente).
I
parcheggi dl scambio, specie nelle aree urbane di maggiori
dimensioni, incoraggiano infatti la intermodalità dei movimenti sulle
direttrici centro - periferia, prevedendo adeguati spazi di sosta,
preferibilmente custodita, in prossimità delle principali
interconnessioni tra la rete viaria di adduzione all'area urbana ed i
terminali periferici delle linee di trasporto pubblico collettivo. Gli
spazi di sosta andranno attrezzati, in relazione alle dimensioni
dell'area, con elementi di arredo urbano e con servizi complementari di
ristoro, di informazione all'utente e di interesse culturale.
Detti
parcheggi risultano analogamente utili anche nelle aree urbane di
minori dimensioni laddove non esiste il servizio di trasporto pubblico,
con riferimento alla possibilità di proseguire lo spostamento a piedi
con un percorso pedonale di accettabile lunghezza.
D'altro
verso, la tariffazione della sosta su strada in determinati ambienti
urbani e/o, eventualmente, dell'accesso veicolare individuale a tali
ambienti, conduce ad una riduzione della domanda di mobilità motorizzata
individuale, sia in quanto rende maggiormente competitivo - dal punto
di vista economico - l'uso degli anzidetti sistemi di trasporto
alternativi, rispetto a quello individuale autoveicolare, sia in quanto
induce all'uso collettivo (per accompagnamento, per accordi tra colleghi
di lavoro o di studio, ecc.) dello stesso sistema di trasporto
autoveicolare.
Inoltre
la tariffazione della sosta su strada, oltre che incentivare la
rotazione dei veicoli su uno stesso posto di sosta, contribuisce al
finanziamento degli interventi necessari alla gestione di tutto il
traffico stradale (articolo 7, comma 7, del nuovo Cds).
4
- ARTICOLAZIONE E CONTENUTI PROGETTUALI.
I
contenuti di seguito esposti - salvo specifiche menzioni - sono di
generale applicazione, in quanto affrontano argomenti comunque presenti
nell'elaborazione di un PUT, con riferimento anche ai centri abitati di
più modeste dimensioni.
In
funzione del grado di affinamento delle proposte di intervento, in
forma più o meno dettagliata, i contenuti in questione vengono distinti
su tre livelli di progettazione del PUT, rappresentativi anche del suo
specifico iter di approvazione da parte degli organi istituzionali
competenti.
4.1.
- PIANO GENERALE.
Il
1° livello di progettazione è quello del Piano generale del traffico
urbano (PGTU), inteso quale progetto preliminare o piano quadro del PUT,
relativo all'intero centro abitato (cfr. successivo pgf. 5.2.) ed
indicante sia la politica intermodale adottata, sia la qualificazione
funzionale dei singoli elementi della viabilità principale e degli
eventuali elementi della viabilità locale destinati esclusivamente ai
pedoni (classifica funzionale della viabilità), nonché il rispettivo
regolamento viario, anche delle occupazioni di suolo pubblico (standard
geometrici e tipo di controllo per i diversi tipi di strade - cfr.
allegato - pgf. 1.2.), sia il dimensionamento preliminare degli
interventi previsti in eventuale proposizione alternativa, sia il loro
programma generale di esecuzione (priorità di intervento per
l'esecuzione del PGTU).
Detto
dimensionamento deve rispondere al soddisfacimento complessivo della
domanda di mobilità e deve risolvere il coordinamento delle esigenze
almeno delle quattro componenti fondamentali del traffico, di cui si è
detto al paragrafo 3.2.1. Esso pertanto riguarda, in particolare, la
proposizione contestuale:
-
del piano di miglioramento della mobilità pedonale, con definizione
delle piazze, strade, itinerari od aree pedonali -AP- e delle zone a
traffico limitato -ZTL- o, comunque, a traffico pedonalmente
privilegiato;
-
del piano di miglioramento della mobilità dei mezzi collettivi
pubblici (fluidificazione dei percorsi, specialmente delle linee
portanti) con definizione delle eventuali corsie e/o carreggiate
stradali ad essi riservate, e dei principali nodi di interscambio,
nonché dei rispettivi parcheggi di scambio con il trasporto privato e
dell'eventuale piano di riorganizzazione delle linee esistenti e delle
loro frequenze (PUT inteso come Piano della mobilità);
-
del piano di riorganizzazione dei movimenti dei veicoli motorizzati
privati, con definizione sia dello schema generale di circolazione
veicolare (per la viabilità principale), sia della viabilità tangenziale
per il traffico di attraversamento del centro abitato, sia delle
modalità di assegnazione delle precedenze tra i diversi tipi di strade;
-
del piano di riorganizzazione della sosta delle autovetture, con
definizione sia delle strade parcheggio, sia delle aree di sosta a raso
fuori delle sedi stradali ed, eventualmente, delle possibili aree per i
parcheggi multipiano, sostitutivi della sosta vietata su strada, si del
sistema di tariffazione e/o di limitazione temporale di quota parte
della sosta rimanente su strada.
Per
i centri abitati di più modeste dimensioni, privi di un servizio di
trasporto pubblico urbano, il piano di miglioramento della mobilità dei
mezzi pubblici collettivi riguarda le linee extraurbane traversanti o
attestantisi nei centri medesimi.
Gli
elaborati progettuali del PGTU, relativi agli argomenti anzidetti,
devono essere redatti in scala da 1:25.000 fino ad 1:5.000 (od
eccezionalmente valori inferiori), in funzione delle dimensioni del
centro abitato, e devono essere accompagnati da una relazione tecnica
comprendente anche le analisi di rispondenza delle soluzioni proposte
alla domanda di mobilità, con descrizione dei dati e dei metodi di
calcolo utilizzati (simulazioni del traffico, con diverso grado di
approfondimento delle valutazioni in rapporto alla complessità dell'area
in esame). Tali analisi riguardano, in particolare, il dimensionamento e
la configurazione della rete viaria principale, il bilancio cella sosta
,veicolare (tra posti-auto eliminati e quelli recuperati, in rapporto
alla politica intermodale adottata) ed, eventualmente (Piano della
mobilità), la riorganizzazione delle linee del trasporto pubblico
collettivo.
Qualora
tra gli interventi del PGTU siano eccezionalmente previste opere di
rilevante onere economico (parcheggi multipiano, nuove linee di
trasporto pubblico collettivo, soluzioni di intersezioni a livelli
sfalsati, nuovi tronchi di viabilità tangenziale, sistemi di controllo
centralizzato del traffico, nuovi sistemi tecnologici di informazione
per l'utenza), la relazione anzidetta deve essere integrata con le
specifiche analisi di convenienza economica (benefici / costi) e di
fattibilità finanziaria delle opere medesime. I parcheggi multipiano,
ove non previsti nei PUP (Piani urbani dei parcheggi), le intersezioni a
livelli sfalsati ed i nuovi tronchi di viabilità tangenziale, ove non
previsti dagli strumenti urbanistici vigenti, devono essere
opportunamente segnalati, per il tramite degli Uffici comunali
competenti, all'amministrazione per le necessarie modifiche di detti
strumenti, secondo la vigente legislazione e normativa urbanistica, e,
per le ipotesi viarie di interesse statale, secondo l'articolo 81 del
D.P.R. 616/1977.
Al
contrario, qualora gli interventi infrastrutturali siano già previsti
dagli strumenti urbanistici e le specifiche analisi di convenienza
economica e di fattibilità finanziaria delle opere abbiano dato esito
positivo, questi devono essere considerati prioritari prevedendo
comunque la realizzazione dei necessari interventi atti alla limitazione
ed all'abbattimento dei fenomeni di inquinamento atmosferico ed
acustico.
Qualora
per la zona comprendente il centro abitato in esame sia stato
predisposto il Piano di intervento operativo (PIO) per la gestione degli
stati di attenzione e di allarme, come previsto dall'articolo 9 del
D.M. 20.5.91 "Criteri per la raccolta dei dati inerenti la qualità
dell'aria", uno specifico paragrafo della relazione tecnica (integrato
con gli specifici elaborati grafici e di calcolo necessari) viene
destinato al pacchetto degli interventi considerati dal Piano per
prevenire l'inquinamento atmosferico e di quelli necessari quando il
livello di attenzione o di allarme impone l'adozione di misure di
emergenza;
tali
interventi devono essere integrati nella strategia adottata per il
PUT. Per le aree metropolitane ed i comuni con più di 150.000 abitanti,
la suddetta relazione tecnica deve essere integrata con una valutazione,
eventualmente anche mediante l'ausilio di modelli, degli effetti
sull'inquinamento ambientale delle ipotesi progettuali formulate dal PUT
che tenga conto dei Piani di intervento operativo e di risanamento
acustico. Indicazioni relative alle tipologie ed all'uso dei modelli di
cui sopra verranno fornite con successivi quaderni tecnici.
4.2.
- PIANI PARTICOLAREGGIATI.
Il
2° livello di progettazione è quello dei Piani particolareggiati del
traffico urbano, intesi quali progetti di massima per l'attuazione del
PGTU, relativi ad ambiti territoriali più ristretti di quelli
dell'intero centro abitato, quali - a seconda delle dimensioni dei
centro medesimo - le Circoscrizioni, i settori urbani, i quartieri o le
singole zone urbane (anche come fascia di influenza de singoli itinerari
di viabilità principale), e da elaborare secondo l'ordine prevista
nell'anzidetto programma generale di esecuzione del PGTU.
Detto
programma deve prevedere singoli insiemi di interventi attuabili - in
particolare - sotto forma di specifici lotti funzionali, nel senso che
con la loro attuazione non devono riscontrarsi peggioramenti per la
situazione del traffico nelle aree circostanti a quella di intervento.
I
Piani particolareggiati in questione indicano il dimensionamento di
massima degli interventi previsti per tutta la viabilità, principale e
locale, all'interno del rispettivo ambito territoriale di studio con i
rispettivi schemi di circolazione. Essi in particolare, riguardano:
-
i progetti per le strutture pedonali, con eventuali marciapiedi,
passaggi ed attraversamenti pedonali e relative protezioni, e per la
salvaguardia della fluidità veicolare attorno alle eventuali AP, ZTL e
zone particolarmente sensibili all'inquinamento atmosferico individuate
dal PIO (organizzazione dei cosiddetti itinerari di arroccamento);
-
il tipo di organizzazione delle fermate, dei capilinea e dei punti di
interscambio dei mezzi pubblici collettivi e delle rispettive eventuali
corsie e/o sedi riservate e l'eventuale progetto di massima per i
parcheggi di scambio con il trasporto privato, nonché l'eventuale piano
di dettaglio per la riorganizzazione delle linee esistenti e delle loro
frequenze (PUT inteso come Piano della mobilità);
-
gli schemi dettagliati di circolazione per i diversi itinerari della
viabilità principale e per la viabilità di servizio, il tipo di
organizzazione delle intersezioni stradali della viabilità principale
(con relativo schema di fasatura e di coordinamento degli impianti
semaforici od, eventualmente, schema di svincolo delle correnti
veicolari e pedonali a livelli sfalsati) ed il piano generale della
segnaletica verticale, specialmente di indicazione e precedenza;
-
il tipo di organizzazione della sosta per gli eventuali spazi
laterali della viabilità principale, per le strade-parcheggio, per le
aree di sosta esterne alle sedi stradali e per gli eventuali parcheggi
multipiano sostitutivi della sosta vietata su strada, nonché l'eventuale
organizzazione della tariffazione e/o limitazione della sosta di
superficie (strade ed aree).
Gli
elaborati progettuali di questo 20 livello di progettazione devono
essere redatti in scala da 1:5.000 fino ad 1:1.000 (o eccezionalmente
più dettagliata), in funzione delle dimensioni dell'ambito territoriale
in studio (circoscrizione, settore urbano, quartiere, zona o fascia
urbana), e devono essere accompagnati da una relazione tecnica
comprendente, oltre al proporzionamento degli interventi proposti in
rapporto ai livelli di traffico previsti, con l'indicazione dei dati,
delle analisi e dei metodi di calcolo utilizzati, anche una stima
sommaria dei relativi costi di intervento, nonché gli approfondimenti
necessari sia delle analisi di convenienza economica e di fattibliltà
finanziaria per le eventuali opere di rilevante impegno economico, sia
degli eventuali pacchetti di interventi da adottare in condizioni di
emergenza ambientale, di cui si è detto nel 1° livello di progettazione.
4.3.
- PIANI ESECUTIVI.
Il
3° livello di progettazione è quello dei Piani esecutivi del traffico
urbano, intesi quali progetti esecutivi dei Piani particolareggiati del
traffico urbano. La progettazione esecutiva riguarda, di volta in
volta, l'intero complesso degli interventi di un singolo Piano
particolareggiato, ovvero singoli lotti funzionali della viabilità
principale e/o dell'intera rete viaria di specifiche zone urbane
(comprendenti una o più maglie di viabilità principale, cori la relativa
viabilità interna a carattere locale), facenti parte di uno stesso Pano
particolareggiato.
Detti
Piani esecutivi definiscono completamente gli interventi proposti nei
rispettivi Piani particolareggiati, quali - ad esempio - le
sistemazioni delle sedi viarie la canalizzazione delle intersezioni, gli
interventi di protezione delle corsie e delle sedi riservate e le
indicazioni finali della segnaletica stradale (orizzontale. verticale e
luminosa), e li integrano - in particolare - per quanto attiene le
modalità di gestione del PUT (in termini di verifiche ed aggiornamenti
necessari).
Tra
queste ultime modalità assumono particolare importanza i due
essenziali Piani di settore relativi al "potenziamento e/o
ristrutturazione del servizio di vigilanza urbana" ed alle
indispensabili "campagne di informazione e di sicurezza stradale".
Gli
elaborati progettuali di questo 3° livello di progettazione devono
essere redatti in scala da 1:500 fino ad 1:200 o valori interiori, in
funzione delle necessità di descrizione esecutiva degli interventi
proposti, e devono essere accompagnati da una relazione tecnica
comprendente anche a valutazione dettagliata dei computi metrici
estimativi necessari per la determinazione del costi di intervento,
nonché la redazione del piano finanziario per la realizzazione e la
gestione degli interventi medesimi.
Per
i centri urbani di più modeste dimensioni, specialmente se
interessati da fenomeni stagionali di affluenza turistica. il 2° ed il
3° livello di progettazione possano anche essere riuniti in un'unica
fase di progettazione (livello dei Piani di dettaglio).
4.4.
- CONTENUTI FONDAMENTALI, EVENTUALI E COLLATERALI.
Gli
anzidetti principali contenuti progettuali del PUT sono riepilogati
nella seguente tabella, dove risultano integrati anche con ulteriori
contenuti a carattere "collaterale", relativi alla disaggregazione delle
quattro componenti fondamentali del traffico (ad esempio, per i veicoli
merci e per i taxi), alle altre componenti del traffico (ad esempio,
per i portatori di handicap deambulanti e per i velocipedi), oppure ad
altri argomenti di studio (ad esempio, per l'arredo urbano, per campagne
di controllo delle emissioni inquinanti e della rumorosità) che
potranno essere specificatamente indicati dall'amministrazione comunale.
I
piani relativi a queste ultime componenti di traffico, studiate con
riferimento all'intero ambito urbano, assumono in genere la
denominazione di Piani di settore, che potranno essere adeguatamente
redatti solo dopo la predisposizione del PGTU ed a sua stretta
integrazione (la stessa denominazione viene coerentemente assegnata agli
interventi relativi a singoli strumenti di attuazione: si citano così -
oltre a quelli precedentemente indicati per la vigilanza urbana e per
l'informazione e la sicurezza stradale - i Piani di settore della
regolazione semaforica, dell'arredo urbano, della segnaletica di
indicazione, ecc.).
Nella
tabella anzidetta, gli argomenti relativi al 2° ed al 3° livello di
progettazione del PUT sono accorpati in un unico livello, appunto
definito di "dettaglio".
Altresì,
in detta tabella i tipi di intervento previsti vengono distinti in
"fondamentali" ed in "eventuali", con riferimento alla loro
obbligatorietà o meno di presenza nel PUT .
Più
precisamente, i "contenuti fondamentali" riguardano tutti i centri
abitati, anche quelli di più modeste dimensioni, mentre i "contenuti
eventuali" - risultando dipendenti dalla situazione locale di
congestione del traffico - potranno anche non essere presenti nel PUT,
salvo - in genere - che per i centri abitati di maggiori dimensioni (al
di sopra dei 100.000 abitanti).
In
particolare, per i centri abitati con popolazione superiore ad
1.000.000 di abitanti, considerata l'ampiezza del territorio urbano ed i
tempi di studio e di approvazione successivamente indicati, tra i
contenuti fondamentali del PGTU possono essere eccezionalmente demandati
ai successivi Piani particolareggiati quelli attinenti alleventuale
definizione dei sensi unici di marcia sulla viabilità principale.
http://www.mit.gov.it/mit/site.php?p=normativa&o=vd&id=284