venerdì 29 gennaio 2016

Si parte, partecipi anche tu?!

Lunedì 1° Febbraio alle ore 21 ci incontriamo tutti insieme per capire il progetto/evento "La città dei Bambini" che si terrà a maggio 2016. E' una riunione aperta a cui possono partecipare Associazioni e singoli cittadini interessati a collaborare. Se volete intervenire contattateci via mail all'indirizzo slowtowncasalmaggiore@gamil.com oppure su facebook nella pagina di Slow Town.



Le iniziative che faremo sono tante fra cui la sperimentazione della Tangenziale dei Bambini sull'argine maestro.
Contattaci !!

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venerdì 22 gennaio 2016

AGGIORNAMENTO SULLE CICLABILI

Nei giorni scorsi è uscita la notizia di un nuovo parere del Ministero dei Trasporti sui sensi unici eccetto bici numerato 4635/2015. 

Nel parere si ribadisce che non si possono fare "sensi unici eccetto bici", ma che bisogna utilizzare i cartelli di "direzione obbligatoria eccetto bici" i quali obbligano gli autoveicoli a stare a destra. E soprattutto puntualizza che i ciclisti che circolano contromano, anche se sono stati ingannati dalla segnaletica predisposta dal Comune, sono soggetti a sanzione !!!!

Incredibile, non solo i ciclisti rischiano di essere travolti dalle auto, di dover fare causa al Comune per essere risarciti dei danni subiti perchè le infrastrutture non sono a norma del CdS, ma addirittura sono passibili anche di multa.

Qui a Casalmaggiore l'indicazione "eccetto bici" non è neanche presente nei sensi unici dove sono state previste le ciclabili contromano. 

Come abbiamo ribadito qui sotto, ne il codice ne i pareri del Ministero prevedono le "ciclabili casalasche" fatte nei sensi unici. Dove non è possibile separare fisicamente le auto dalle bici bisogna trasformare le strade in doppio senso di marcia di cui uno ciclabile e inserire la limitazione dei 30 km orari come suggerisce il Ministero.

Ma senza un Biciplan comunale che unisca i percorsi ciclabili e li renda sicuri anche questa  soluzione non servirà a rendere Casalmaggiore bike friendly, quando e se questa situazione di illegalità verrà sanata. 

Se per muoverti in bici devi fare dei giri lunghissimi in promiscuità con le auto, rischiare la vita e le multe, non saremo mai incentivati a fare la cosa più sensata nei tragitti brevi, ma continueremo ad intasare le vie cittadine di auto che abbisognano di infiniti parcheggi, e che contribuiscono a rendere la città invivibile tra rumore, pericoli per l'utenza debole e smog. 

IN CASO DI SINISTRO SULLE CICLABILI CONTROSENSO, CHI PAGA?!

Più volte abbiamo segnalato le nostre perplessità sulle "ciclabili" disegnate a terra in varie vie a senso unico della città, quasi tutte con limite di velocità a 50km/h, compresa via Cairoli, ciclabili che si trovano a sinistra della carreggiata ed in modo promiscuo prevedono il passaggio dei ciclisti nel senso opposto a quello di marcia dei veicoli a motore.

Consultando sia il Codice della Strada in vigore sia il Decreto Ministeriale n.557 del 1999 non abbiamo trovato traccia normativa di queste infrastrutture ciclabili realizzate dal Comune. Anche i pareri del Ministero dei Trasporti su domande specifiche riguardanti le ciclabili nel 2006, nel 2008 e nel 2011 escludono la possibilità di realizzare ciclabili in controsenso non separate da uno spartitraffico invalicabile. 
Sembrerebbe quindi che non sia possibile realizzare una corsia riservata monodirezionale in carreggiata su una strada a senso unico in senso opposto a quello dei veicoli se non delimitata da uno spartitraffico invalicabile di 0,50 metri.
DECRETO MINISTERIALE
SCHEDA DIVULGATIVA SULLE CICLABILI
(Anche le strisce gialle non sono a norma perchè di larghezza inferiore ai 30 cm come prescritto dal DM 557)
  
"Ciclabile"  di via Cairoli

Il limite dei 50 km/h in questi sensi unici, oltretutto, ne aumenta la pericolosità di percorrenza per l'utenza debole, che rischia di trovarsi di fronte veicoli a motore a grande velocità, che possono facilmente invadere la  corsia ciclabile, non essendovi alcuna barriera fisica che separi la strada.
Ci chiediamo, quindi, su quali basi normative queste infrastrutture per ciclisti siano state realizzate?

Che ciò non possa essere fatto lo desumiamo anche dal dibattito che nei mesi scorsi si è sviluppato a livello nazionale in merito ad un provvedimento previsto dal nuovo Codice della Strada in discussione ora in Parlamento, che prevedeva la possibilità per i ciclisti di andare controsenso, ma solo ed esclusivamente in zone a velocità calmierata (ZONE30).

Il nuovo comma 1-bis dell’articolo 182 del Codice della Strada reciterebbe: “Nelle strade o nelle zone all’interno dei centri abitati nelle quali il limite massimo di velocità è uguale o inferiore a 30 km/h, può essere consentita, se espressamente prevista con ordinanza, la circolazione dei ciclisti anche in senso opposto a quello di marcia di tutti gli altri veicoli. La facoltà di cui al periodo precedente è adeguatamente segnalata mediante l’aggiunta, ai segnali verticali di divieto e di obbligo generico, di un apposito pannello integrativo di eccezione per i velocipedi”.
Ora, se queste "ciclabili" in controsenso disegnate a terra non sono a norma, in caso di sinistro cosa succede?

Il Ministero dei Trasporti dichiara che "..Fino al ripristino delle regolamentari condizioni di circolazione, come ampiamente descritto, ogni responsabilità, civile e/o penale, per danni e/o lesioni, derivanti da sinistri comunque connessi con l'adozione dei provvedimenti in argomento, ricade sull'amministrazione comunale che li ha emanati in difformità della normativa vigente, ..."
Di chi è la colpa? Chi paga i danni? Ed il Comune, che le ha realizzate, rischia di dover pagare un risarcimento danni di centinaia di migliaia di euro a chi, su quelle ciclabili, si è fatto male? E le Polizze assicurative stipulate dal Comune rispondono nel caso l'infrastruttura non sia a norma? 

A queste domande occorre dare una risposta immediata, visto che non stiamo parlando di possibilità remote. Un sinistro sulla ciclabile in controsenso che ha visto coinvolto un ciclista ed un'auto è già accaduto nei mesi scorsi in via Martelli:

e quest'altro caso nel 2014 in via Guerrazzi:
E ci chiediamo chi avrebbe pagato i danni di quel sinistro, che ha visto il 25 settembre scorso un auto ribaltata sulla ciclabile in via Cairoli, se sotto di essa ci fosse finito un ignaro ciclista.

Se quindi non ci siamo sbagliati e tutte queste ciclabili non sono a norma e non lo saranno nemmeno nel caso in cui il codice preveda il "senso unico eccetto bici" nelle Zone30, non è forse il caso di porvi rimedio immediato prima che qualcuno chieda un risarcimento?
La soluzione c'è ed è anche a basso costo, basta introdurre immediatamente la Zona30 in tutto il centro storico, ed eventualmente trasformare le strade, dove sono state tracciate le ciclabili controsenso, da senso unico a doppio senso (di cui uno ciclabile) come suggerito dal Ministero nel 2011 in attesa che nel nuovo codice della strada sia fatta chiarezza in merito. 

Ricordiamo infatti che a Giugno 2015 un giudice di pace di Piacenza ha dato torto al Comune rifacendosi al parere del Ministero dei Trasporti del 2011, parere che afferma che le bici non possono andare in controsenso nei sensi unici. E dice anche che nei doppi sensi di cui uno ciclabile è necessario intervenire con idonei provvedimenti mirati a ridurre il differenziale di velocità tra ciclisti e automobilisti (ZONE30).

Questo il parere del Ministero dei Trasporti sui percorsi promiscui:
A Piacenza il Giudice da torto al Comune:

Questo il commento dal sito poliziamunicipale.com:

Le biciclette possono circolare ‘contromano’, ma quando mai!



Si può attuare un doppio senso di marcia di cui uno per le sole biciclette previa l’apposizione di una corretta segnaletica.
Il parere del ministero delle Infrastrutture che sta rimbalzando sul web in queste ore, consente sì alle biciclette di circolare nel senso contrario a quello di marcia, ma solo in casi molto limitati: occorre che la strada sia larga almeno 4,25 metri e che ci sia la segnaletica per avvisare i conducenti che potrebbero trovarsi ciclisti in direzione opposta.
Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, con parere prot. 6234 del 21/12/2011, si è espresso a favore della tesi di seguito riportata. Il doppio senso “limitato” consiste in una strada a doppio senso di marcia con una direzione consentita a tutti e quella opposta solo alle biciclette. Si tratta di una forma legale per liberalizzare la circolazione delle biciclette in molte delle strade urbane che, essenzialmente per motivi storici, non sono dotate delle misure geometriche minime indicate per le strade di nuova costruzione.
Secondo il ministero, non si può derogare all’obbligo di circolare a senso unico quando non c’è abbastanza spazio per far passare due veicoli affiancati. Però si può ricorrere a una particolare soluzione: invece di considerare lo spazio di due corsie normali (ciascuna di esse richiede almeno 2,75 metri), si può pensare di strutturare la carreggiata come una corsia per veicoli leggeri (2,75 metri, appunto) più una pista ciclabile, che può essere anche più stretta (1,50 metri). Si arriva così a un minimo di 4,25 metri, strisce di margine comprese.
Difatti le condizioni necessarie per applicare il doppio senso “limitato” sono una larghezza di almeno 4.25 m, il divieto di transito al traffico pesante e il limite di velocità a 30 km/h o ZTL. In tal modo, senza tracciare alcuna corsia dedicata è possibile conciliare il doppio senso delle biciclette in una strada con una sola direzione di traffico veicolare.
Inoltre, occorre anche una segnaletica, che in questo caso è analoga a quella già in uso nelle strade in cui possono circolare contromano alcuni veicoli: per esempio, quelle di accesso ad alcuni ospedali, in cui ci si può trovare un mezzo di soccorso in senso contrario. Quindi, al posto del segnale di «Senso unico» ci andrà il triangolo di «Strada a doppio senso», integrato dai pannelli che chiariscono che il transito in un senso vale solo per le bici.
Analoghi pannelli andranno sotto i segnali che indicano le direzioni consentite. Può anche non essere usata alcuna striscia orizzontale per delimitare le corsie, perché in questo caso non si tratta tecnicamente di corsie separate.
Il ricorso massiccio allo strumento del senso unico, se da una parte può essere utile per scoraggiare il traffico veicolare di transito, dall’altra parte crea situazioni imbarazzanti e di grande scomodità per chi sceglie di spostarsi in bicicletta, in evidente contrasto alle sollecitazioni normative richiamate.
In Europa è piuttosto diffusa la pratica di consentire alle biciclette di circolare nei sensi unici in entrambe le direzioni applicando un cartello integrativo con la dicitura “eccetto bici”, con o senza segnaletica orizzontale di corsia.
In Italia diverse Amministrazioni locali hanno attuato tale soluzione, sia su singole strade che su intere zone dei centri storici regolati come “zone 30”, anche se si tratta di una opportunità ancora controversa dal punto di vista normativo.
La soluzione del senso unico “eccetto bici” è quella più facilmente condivisibile e riconoscibile a livello europeo, semplice da adottare e già sufficientemente collaudata con esiti interessanti sul fronte della sicurezza stradale.
In attesa che il senso unico “eccetto bici” possa giungere a migliore maturazione normativa si è sviluppata una soluzione compatibile per facilitare la circolazione delle biciclette in ambito urbano.
Sostanzialmente consiste nel regolamentare una strada a doppio senso di marcia e vietare un senso ad una o più categorie di veicoli.
Innanzitutto è bene ricordare che le “Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle strade” (DM 05/11/2001), si applicano per la costruzione di nuovi tronchi stradali e sono solo di riferimento per l’adeguamento delle strade esistenti (art.2 come modificato dal DM 22/04/2004).
L’art.4 c.1 lett. d) del DM 557/99 prevede, tra gli itinerari ciclabili, anche i percorsi promiscuo con gli altri veicoli.
Essi possono essere previsti per dare continuità alla rete degli itinerari ciclabili, prevista dal piano della rete degli itinerari ciclabili di cui all’art.3 c.1, nel caso in cui non sia possibile, per motivazioni economiche o di insufficienza degli spazi stradali, realizzare piste ciclabili. (Il piano è obbligatorio per tutti i comuni superiori a 30.000 abitanti) In tal caso è necessario intervenire con idonei provvedimenti mirati a ridurre il differenziale di velocità tra ciclisti e automobilisti.
Al riguardo l’istituzione di una zona a velocità limitata di cui all’art. 135 c.14 del DPR 495/92 (zona 30), può ritenersi confacente all’esigenza sopra rappresentata, purché in condizioni di ridotto traffico veicolare.
Dall’attuale formulazione dell’art.4 c.5 del DM 557/99 non ci sono vincoli sulla modalità di realizzazione di itinerari promiscui anche di senso opposto.
Qualora per difetto di spazio non sia possibile la realizzazione di una pista ciclabile in sede propria, ex art.6 c.1 e art.7 c.4 del DM 557/99, di senso opposto a quello veicolare, appare quindi ammissibile realizzare percorsi promiscui limitando il transito in senso opposto ai soli velocipedi, mediante l’impiego della segnaletica di obbligo di cui all’art.122 cc.2-3 del DPR 495/92 (figg. 80/81), integrata con i pannelli di cui all’art. 83 c.3 Mod. II 4.
Qualora i veicoli provengano da un senso unico, su entrambi i sensi di marcia deve naturalmente essere apposto il segnale “doppio senso di circolazione”.
In merito alle dimensioni della sezione stradale, nell’ipotesi di strade locali urbane, si può fare riferimento al modulo minimo di corsia pari a 2,75 m, maggiorato della larghezza minima di corsia ciclabile pari 1,50 m, per un totale di 4,25 m.
Tale misura è da intendersi attualmente come minima inderogabile per consentire il transito di veicoli a motore di massa complessiva fino a 3,5 t in un senso, e di velocipedi a due ruote in senso opposto.
Per motivi di sicurezza non è opportuno consentire la sosta sulla mano percorsa dai velocipedi.
Per quanto riguarda la segnaletica orizzontale, come consentito dall’art.138 c.6 del DPR 495/92, non si dovranno tracciare le strisce longitudinali; conseguentemente, non essendo definite le corsie di marcia, non si dovrà fare uso della segnaletica verticale di cui all’art.135 c.19 (“uso corsie”); in tal caso tutti i conducenti dovranno adottare il comportamento di cui all’art.143 cc.1-2 del Codice della Strada e, qualora si necessario, quello di cui all’art. 150 c.1.
La diffusione della bicicletta dipende dalla continuità ed estensione della rete ciclabile, ovvero di quel sistema complesso e integrato di spazi dedicati (piste ciclabili) e spazi condivisi (strade con traffico non elevato), che consente di organizzare gli spostamenti in bicicletta in modo efficiente. La possibilità di circolare in bici in doppio senso di marcia permette un completamento a basso costo della rete ciclabile e offre interessanti alternative a strade fortemente trafficate.
Ora il fatto che ci sia un parere non vincola i gestori di strade a rispettarne il contenuto, ma di certo può essere un elemento importante per la difesa e per l’accusa qualora ci sia un incidente e il gestore vada sotto processo.

martedì 5 gennaio 2016

Slow Town, La Dichiarazione del Sindaco ed il Principio di sussidiarietà sancito dalla Costituzione Italiana


"Desidero intervenire ringraziando gli organizzatori del progetto "Slow Town", - ha spiegato Filippo Bongiovanni - il Gruppo del Gasalasco con la collaborazione di Persona Ambiente di Damiano Chiarini e tutto lo staff di volontari. Sono rimasto veramente stupito ed impressionato, verificandolo in prima persona, dalla bontà del progetto e l'ho condiviso con la mia squadra. Una proposta intelligente, peraltro compatibile con il codice della strada, che consentirebbe di risolvere molteplici problemi nel centro storico della nostra città: sull'aspetto della sicurezza stradale per pedoni e ciclisti, ma anche sul versante della socialità, un traffico rallentato e un arredo urbano migliore invogliano i cittadini, ma soprattutto le famiglie coi loro bambini, a riversarsi sulle strade e a ritrovare quegli spazi che si erano perduti, di conseguenza anche le attività commerciali ne gioverebbero. I dati presentati dall'architetto Matteo Dondè, che ho avuto il piacere di conoscere, la dicono lunga sugli effetti benefici anche per il commercio. Vedendo così via Baldesio, penso che molte altre vie del centro storico si possano prestare alla stessa soluzione, facendo rifiorire la città nella lotta contro il degrado. Credo sia un progetto fantastico da mandare in porto nel corso del nuovo mandato amministrativo. Ho quindi sottoscritto con entusiasmo la proposta di rendere definitivo il limite dei 30 orari per la circolazione dei veicoli e il posizionamento degli arredi urbani. Sarei felice con la mia squadra di governo della città, di collaborare con gli organizzatori di questo straordinario evento, che hanno dimostrato passione disinteressata per la loro comunità, fantasia e capacità di servizio. Queste sono le iniziative che ci piacerebbe sostenere per il futuro".







Il principio di sussidiarietà è regolato dall'articolo 118 della Costituzione italiana il quale prevede che "Stato, Regioni, Province, Città Metropolitane e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio della sussidiarità". Tale principio implica che le diverse istituzioni debbano creare le condizioni necessarie per permettere alla persona e alle aggregazioni sociali di agire liberamente nello svolgimento della loro attività. L'intervento dell'entità di livello superiore, qualora fosse necessario, deve essere temporaneo e teso a restituire l'autonomia d'azione all'entità di livello inferiore.
Il principio di sussidiarietà può quindi essere visto sotto un duplice aspetto:
  • in senso verticale: la ripartizione gerarchica delle competenze deve essere spostata verso gli enti più vicini al cittadino e, quindi, più vicini ai bisogni del territorio;
  • in senso orizzontale: il cittadino, sia come singolo sia attraverso i corpi intermedi, deve avere la possibilità di cooperare con le istituzioni nel definire gli interventi che incidano sulle realtà sociali a lui più vicine.
La crescente  richiesta di partecipazione dei cittadini alle decisioni e alle azioni che riguardano la cura di interessi aventi rilevanza sociale, presenti nella nostra realtà come in quella di molti altri paesi europei, ha dunque oggi la sua legittimazione nella nostra legge fondamentale. Quest'ultima prevede, dopo la riforma del Titolo V, anche il dovere da parte delle amministrazioni pubbliche di favorire tale partecipazione nella consapevolezza delle conseguenze positive che ne possono derivare per le persone e per la collettività in termini di benessere spirituale e materiale.
In effetti l'applicazione di questo principio ha un elevato potenziale di modernizzazione delle amministrazioni pubbliche in quanto la partecipazione attiva dei cittadini alla vita collettiva può concorrere a migliorare la capacità delle istituzioni di dare risposte più efficaci ai bisogni delle persone e alle soddisfazione dei diritti sociali che la Costituzione ci riconosce e garantisce.
Da un lato alcune amministrazioni pubbliche hanno già intrapreso iniziative volte a favorire la sussidiarietà orizzontale e dall'altro la società civile si è mossa nella stessa direzione con azioni concrete sostenute peraltro da una parallela attività di sensibilizzazione dell'opinione pubblica, di ricerca e di documentazione e, più in generale, di approfondimento scientifico del fenomeno.
I cittadini attivi, applicando il principio di sussidiarietà (art. 118 ultimo comma della Costituzione), si prendono cura dei beni comuni. Entrambi, volontari e cittadini attivi, sono "disinteressati", in quanto entrambi esercitano una nuova forma di libertà, solidale e responsabile, che ha come obiettivo la realizzazione non di interessi privati, per quanto assolutamente rispettabili e legittimi, bensì dell'interesse generale.
Quando la Costituzione afferma che i poteri pubblici "favoriscono le autonome iniziative dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà", essa legittima da un lato i volontari tradizionali, che da sempre svolgono attività che si possono definire di interesse generale, e dall'altro quei soggetti che si definiscono cittadini attivi, persone responsabili e solidali che si prendono cura dei beni comuni.
I cittadini attivi, in quanto non proprietari bensì custodi dei beni comuni, esercitano nei confronti di tali beni un diritto di cura fondato non sul proprio interesse, come nel caso del diritto di proprietà, bensì sull'interesse generale. Ciò che giustifica il loro impegno è infatti solo in parte un loro interesse diretto e immediato alla produzione, cura e sviluppo dei beni comuni. C'è anche questo, certamente (e infatti questo può essere un elemento che differenzia i volontari dai cittadini attivi) ma ciò che spinge i cittadini attivi a prendersi cura dei beni comuni è la solidarietà. In sostanza, i volontari sono "disinteressati" in quanto vanno oltre i legami di sangue per prendersi cura di estranei, i cittadini attivi sono "disinteressati" in quanto vanno oltre il diritto di proprietà per prendersi cura di beni che sono di tutti. In entrambi i casi, si tratta di un'evoluzione quanto mai positiva della specie umana, che dimostra in tal modo di saper uscire dalla ristretta cerchia familiare e dall'individualismo proprietario per aprirsi al mondo.