mercoledì 4 marzo 2015

La revisione del PUT sarà un'altra occasione persa? Occorre una nuova visione.

In queste settimane è in fase di revisione il PUT (Piano Urbano del Traffico) casalasco. Il Piano Urbano del Traffico  previsto dall'art. 36 del Codice della strada è costituito da un insieme coordinato di interventi per il miglioramento delle condizioni della circolazione stradale nell'area urbana, dei pedoni, dei mezzi pubblici e dei veicoli privati.
Questo piano che è stato predisposto nel 2005 e che non è stato più revisionato, come invece prevede la normativa, è ormai un provvedimento obsoleto, perchè si occupa principalmente della mobilità motorizzata. Perfino la città di Cremona in questi giorni parla di PUM, di Biciplan, e non più di PUT ed anch'essa è palesemente in ritardo di almeno 5 anni. Infatti già nel 2010 il Comune di Trento ha predisposto il PUM e  scriveva sul sito istituzionale allora:
"Oggi si parla di “piano urbano della mobilità” e non più di “piano urbano del traffico”, concetto legato a una città che individuava nell’auto la protagonista assoluta degli spostamenti urbani. Nel nuovo piano l’auto invece diventa una comprimaria perché, a seconda del tipo di spostamento, ognuno avrà la possibilità di scegliere di volta in volta il mezzo più adatto. Oltre che sull’auto, il cittadino potrà infatti contare su un trasporto pubblico moderno e veloce oppure su nuovi percorsi più sicuri e piacevoli per pedoni e biciclette. Il piano dunque non sottovaluta l’esigenza di spostarsi, ma la coniuga al rispetto dell’ambiente e a una maggiore vivibilità urbana."
Visto come sono messi male i trasporti pubblici qui a Casalmaggiore e quale poca attenzione sia stata data in passato ai Pedoni e Ciclisti siamo molto scettici su questa revisione. 
La mobilità casalasca non funziona, i Pedoni sono completamente spariti dalla città, il centro si è desertificato e degradato, le poche biciclette devono affrontare pericoli costanti e utilizzare infrastrutture non a norma, come le "ciclabili" contromano.
Occore una nuova visione che garantisca Sicurezza all'utenza debole, con percorsi dedicati e brevi, senza barriere e continui. Per fare questo bisogna identificare una zona a bassa velocità introducendo il limite dei 30 Km/h, liberare i marciapiedi dagli stalli delle auto, ripristinare le basilari norme del codice della strada, che prevedono marciapiedi e passaggi pedonali di almeno 1/1,5 metri. L'introduzione di tecniche di moderazione per obbligare gli automobilisti a rallentare, perchè è irrealistico pensare di aver risolto il problema, come fatto in passato,  piazzando qualche cartello o pitturando a terra strisce di separazione fra auto e bici.

Il PUM è uno strumento innovativo per molti aspetti: non è un semplice piano del traffico, non è frutto di soli studi tecnici ed ingegneristici legati al traffico e alla sua gestione. Finora ci si è limitati a studiare il problema senza preoccuparsi delle dinamiche sociali e ambientali che il traffico e la mobilità portano con sé. Sociali perché pianificare la mobilità significa creare democrazia degli spostamenti, mettere tutti sullo stesso piano, fasce deboli in primis, predisporre lo spazio per le relazioni, per lo svago, per l’aggregazione. Ambientali perché pianificare il traffico significa anche ridurre l’inquinamento atmosferico, migliorare la salute e aumentare la sicurezza di tutti (pedoni, ciclisti e automobilisti che siano).
Come la storia dell’urbanistica mondiale c’insegna, nell’ultimo secolo si è passati da una concezione del piano e della figura del tecnico come esperto che calava dall’alto le scelte, una sorta di “deus ex machina”, di cui bisognava fidarsi ciecamente. I numerosi errori di questo approccio, visibili soprattutto nella nostra realtà italiana, hanno portato a ridefinire le regole della pianificazione: si è passati ad una pianificazione strategica, multi-settoriale, multi-disciplinare, che coinvolge un team di competenze diverse in sinergia tra loro.
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Il PUM è uno strumento innovativo per molti aspetti: non è un semplice piano del traffico, non è frutto di soli studi tecnici ed ingegneristici legati al traffico e alla sua gestione. Finora ci si è limitati a studiare il problema senza preoccuparsi delle dinamiche sociali e ambientali che il traffico e la mobilità portano con sé. Sociali perché pianificare la mobilità significa creare democrazia degli spostamenti, mettere tutti sullo stesso piano, fasce deboli in primis, predisporre lo spazio per le relazioni, per lo svago, per l’aggregazione. Ambientali perché pianificare il traffico significa anche ridurre l’inquinamento atmosferico, migliorare la salute e aumentare la sicurezza di tutti (pedoni, ciclisti e automobilisti che siano).
Come la storia dell’urbanistica mondiale c’insegna, nell’ultimo secolo si è passati da una concezione del piano e della figura del tecnico come esperto che calava dall’alto le scelte, una sorta di “deus ex machina”, di cui bisognava fidarsi ciecamente. I numerosi errori di questo approccio, visibili soprattutto nella nostra realtà italiana, hanno portato a ridefinire le regole della pianificazione: si è passati ad una pianificazione strategica, multi-settoriale, multi-disciplinare, che coinvolge un team di competenze diverse in sinergia tra loro.
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Il PUM è uno strumento innovativo per molti aspetti: non è un semplice piano del traffico, non è frutto di soli studi tecnici ed ingegneristici legati al traffico e alla sua gestione. Finora ci si è limitati a studiare il problema senza preoccuparsi delle dinamiche sociali e ambientali che il traffico e la mobilità portano con sé. Sociali perché pianificare la mobilità significa creare democrazia degli spostamenti, mettere tutti sullo stesso piano, fasce deboli in primis, predisporre lo spazio per le relazioni, per lo svago, per l’aggregazione. Ambientali perché pianificare il traffico significa anche ridurre l’inquinamento atmosferico, migliorare la salute e aumentare la sicurezza di tutti (pedoni, ciclisti e automobilisti che siano).
Come la storia dell’urbanistica mondiale c’insegna, nell’ultimo secolo si è passati da una concezione del piano e della figura del tecnico come esperto che calava dall’alto le scelte, una sorta di “deus ex machina”, di cui bisognava fidarsi ciecamente. I numerosi errori di questo approccio, visibili soprattutto nella nostra realtà italiana, hanno portato a ridefinire le regole della pianificazione: si è passati ad una pianificazione strategica, multi-settoriale, multi-disciplinare, che coinvolge un team di competenze diverse in sinergia tra loro.
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Il PUM è uno strumento innovativo per molti aspetti: non è un semplice piano del traffico, non è frutto di soli studi tecnici ed ingegneristici legati al traffico e alla sua gestione. Finora ci si è limitati a studiare il problema senza preoccuparsi delle dinamiche sociali e ambientali che il traffico e la mobilità portano con sé. Sociali perché pianificare la mobilità significa creare democrazia degli spostamenti, mettere tutti sullo stesso piano, fasce deboli in primis, predisporre lo spazio per le relazioni, per lo svago, per l’aggregazione. Ambientali perché pianificare il traffico significa anche ridurre l’inquinamento atmosferico, migliorare la salute e aumentare la sicurezza di tutti (pedoni, ciclisti e automobilisti che siano).
Come la storia dell’urbanistica mondiale c’insegna, nell’ultimo secolo si è passati da una concezione del piano e della figura del tecnico come esperto che calava dall’alto le scelte, una sorta di “deus ex machina”, di cui bisognava fidarsi ciecamente. I numerosi errori di questo approccio, visibili soprattutto nella nostra realtà italiana, hanno portato a ridefinire le regole della pianificazione: si è passati ad una pianificazione strategica, multi-settoriale, multi-disciplinare, che coinvolge un team di competenze diverse in sinergia tra loro.
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Si riuscirà nell'intento di fare tutto questo con il nuovo PUT?
A breve lo scopriremo.


 

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