mercoledì 31 dicembre 2014

STOP ALLE CICLABILI IN CENTRO !!!




Nel cuore della città corsie e piste ciclabili sono la testimonianza del fallimento della Moderazione della Velocità.

Come vedremo quel che serve non sono le Ciclabili ma i Ciclisti. Dato che per incentivare i Ciclisti bisogna puntare sulla Sicurezza delle strade e siccome la Sicurezza la ottieni con la Moderazione della Velocità in centro, se applichi la MdV non servono le Ciclabili !!!!

La Moderazione della Velocità è il fondamento della sicurezza dei ciclisti e perciò della politica della ciclabilità !!!!

Quindi, tutti coloro che propongono infrastrutture ciclabili senza l'introduzione di tecniche di Moderazione del Traffico e della Velocità non affrontano alla radice il problema, perché, senza Sicurezza, le ciclabili rimangono vuote come sta accadendo in molte città italiane.

La soluzione più economica consiste nella Moderazione della Velocità.

La Moderazione del Traffico deve diventare, oltre che un modo per promuovere la sicurezza in bicicletta nelle nostre città e paesi senza dover estendere a tantissime strade le piste ciclabili, soprattutto un'occasione per realizzare Qualità degli spazi urbani costruendo un'alleanza funzionale con altre categorie di utenti della strada e con tutto il filone della salute, della prevenzione degli incidenti, della mobilità dei soggetti deboli come anziani o bambini sui percorsi casa scuola.
Prendersi cura degli spazi attorno a casa, rivalorizzare i cortili di scuola, trasformare le strade da corridoi di traffico a spazi di incontro e socializzazione con più spazio per i pedoni, per il gioco e la sicurezza stradale.

venerdì 26 dicembre 2014

Il Valore Economico della Rigenerazione Urbana.

Prendendo spunto da un passo a pag.33 de "Il Paesaggio che mi fu rubato" edito dalla Biblioteca Mortara di Casalmaggiore, i Cittadini dovrebbero capire come ciò che gli accade attorno, nella propria via, quartiere, città non è indifferente alla qualità della vita della propria famiglia e della propria prosperità economica. I cosiddetti Cittadini del Mondo che viaggiano sui social network o si spostano da scatole diverse tutti i giorni (casa/auto/ufficio/supermercato), tranne coloro che possono permettersi di trasferirsi da un luogo ad un altro senza difficoltà grazie alle proprie disponibilità economiche, dovrebbero comprendere che è la "prossimità" quella che incide maggiormente sulla propria vita. La qualità dell'aria e il rumore che entra dalle finestre aperte, la qualità dei servizi e dei negozi che trova sotto casa, le condizioni economiche dei propri vicini, la manutenzione degli immobili, le persone che abitano la porta accanto, il loro senso civico e di appartenenza al luogo, la stabilità dei rapporti sociali, la fiducia reciproca che ciò crea nel tempo. La qualità dello spazio pubblico che si condivide ecco che diventa fondamentale, ne diventa fondamentale la manutenzione e la trasformazione in un luogo attrattivo, per le Famiglie e le attività economiche. I privati Cittadini, come le Amministrazioni pubbliche, che comprendono l'importanza della attrattività dei luoghi, devono collaborare affinchè tale spazio sia sempre di elevata qualità, perchè il degrado chiama degrado, mentre la qualità dei luoghi chiama qualità, che si trasforma automaticamente anche in vantaggi economici per tutti coloro che vi risiedono. Valori immobiliari più alti in primis.


"Redondesco ci mostra come eravamo, cosa siamo diventati e che cosa ci aspetta."

"Per capire chi siamo non basta uno specchio, ed ogni storia locale è solo un comodo artificio che ci mette al riparo dallo sforzo necessario per comprendere come il "locale" sia parte di una storia più ampia e complessa. Serve invece un punto di vista esterno, è necessario stabilire una relazione con altri fatti contigui e distanti, nel tempo e nello spazio. Usciamo dal Casalasco: oltre l'Oglio, la cittadina mantovana di Redondesco col suo antico castello che racchiude il primitivo borgo, con l'espansione moderna e la periferia residenziale cresciuta negli ultimi decenni, è un piccolo libro di storia, il perfetto spaccato di una vicenda urbanistica simile a quella di mokte altre località, ma qui singolarmente conservata nelle sue varie tappe come un fossile vivente. Redondesco ci mostra come eravamo, cosa siamo diventati e che cosa ci aspetta. Mi colpisce una strada discretamente ampia e ordinata, d'una modesta, ma ormai sciupata eleganza. E' sabato ed è orario di apertura dei negozi, ma tutte le saracinesche sono abbassate, e lo sono da tempo, arrugginite e un pò fuori uso, in case per lo più in stato di degrado o già abbandonate: è uno spettacolo che non lascia indifferenti e che trasmette un senso di desolazione, anche se dovremmo esserci abituati. Pure da noi il fenomeno è ben noto, ma all'inizio risultò camuffato da una turnazione: i negozi abbandonati furono di volta in volta occupati da banche, sale videogiochi, dai rivenditori della telefonia ed altre nuove-nuovissime attività. Infine dai cinesi e dagli indiani. Ma, scavalcando la casistica dei riusi, Redondesco mi mostra l'esito del processo in atto, cioè il deserto, perchè anche il paesaggio urbano ha bisogno dei suoi manutentori, ha bisogno di "coltivatori diretti". La grande distribuzione li ha sradicati, uccisi, cancellati, e insieme a loro quella rete di piccole relazioni che facevano l'urbanità e la civil conversazione. Sembrava all'inizio la terra promessa e così la proliferazione di questi nuovi santuari del consumo è cresciuta in modo esponenziale in ogni angolo del territorio; poi, sbaragliata la concorrenza, i vantaggi e l'ampia scelta delle merci si sono drasticamente ridotti. Ma ci hanno guadagnato il cemento, l'asfalto, il traffico leggero e pesante sulle strade; una valanga di oneri economici e sociali caricati sulla collettività che vi accorre comunque anche di domenica come a una fiera permanente, negli smisurati parcheggi gratuiti, gli ultimi in cui riconoscere, sfigurato, il proprio diritto alla città."

domenica 21 dicembre 2014

Analisi qualitativa sulle Botteghe di prossimità casalasche


Facendo un'analisi qualitativa sulla composizione delle Botteghe che con vetrina si affacciano nelle piazze e vie del centro di Casalmaggiore scopriamo che a farla da padrone sono tre categorie principali:  Bar, Parrucchieri e Banche.
Le vetrine vuote sono 62 su un totale di 240 e rappresentano circa il 26% del totale.
Se non consideriamo il cibo etnico/straniero scopriamo che sono quasi completamente scomparsi gli alimentari, soppiantati dalla grande distribuzione insediatasi sull'asolana e al centro commerciale. Nel settore merceologico cibo, il più importante perchè di prima necessità, resistono solo un paio di gastronomie e qualche fruttivendolo. In questi ultimi anni la quantità di vetrine vuote è andata ad accumularsi sia per chiusure definitive sia per trasferimenti verso asolana e centro commerciale. Altro fenomeno è il trasferimento delle attività in strutture più piccole per la riduzione dei costi, in primis di locazione, che sono poi quasi sempre l'anticamera alla chiusura definitiva. I negozi storici per la maggiorparte vedono esercenti proprietari degli immobili che senza ricambio generazionale attendono la pensione, le nuove attività hanno un tasso di mortalità commerciale nei primi tre anni elevatissima e sempre di più compaiono sotto le feste i cosiddetti "temporary shop", che rimangono aperti per pochi giorni o mesi e che dopo aver svuotato il magazzino chiudono definitivamente e/o si spostano in qualche altra città. Se analizzassimo il reddito che queste attività producono ci accorgeremmo che in pochissime sono in grado di stare in piedi ed hanno una prospettiva a medio termine, il crollo dei consumi è così ampio che anche chi chiude fatica a liquidare il magazzino. La prospettiva dei prossimi 5 anni è quindi che la quantità di vetrine vuote aumenti fino a raggiungere quote del 50%, intere vie si sono già desertificate commercialmente, perchè da soli è sempre più difficile attirare i clienti di passaggio. Emblematici al riguardo sono la Piazza Turati, completamente deserta, e le due vie Cairoli e Porzio. Senza interventi di rigenerazione urbana il destino del centro storico sembra ormai segnato. Le attività e feste che vengono organizzate da alcuni anni in Piazza Garibadli servono forse a far lavorare qualche bar, ma non risolvono di certo da sole il fenomeno desertificazione commerciale.
L'unica speranza è che si rigeneri completamente il centro storico riportando cibo con minimarket, servizi e attrattività soprattutto per Famiglie e Bambini, utenze che comunque consumano nonostante la crisi, risistemando i parchi abbandonati e introducendo anche in centro giochi all'aperto (ad esempio in Piazza Turati che potrebbe diventare la Piazza dei Bambini). Investendo in Sicurezza delle strade e arredo urbano incentivando anche le attività commerciali e i privati a partecipare.

BAR 15
PARRUCCHIERE 12
BANCA 9
ABBIGLIAMENTO DONNA 6
ABBIGLIAMENTO UNISEX 6
EDILIZIA E AGENZIE 6
TV HI FI ELETTRODOMESTICI 6
CIBI STRANIERI 5
AGENZIA VIAGGI 4
CARTOLERIA 4
GIOIELLERIA 4
PANETTERIE 4
PIZZA AL TAGLIO / PIZZERIA 4
ASSICURAZIONI 3
CASALINGHI 3
CENTRO ESTETICO 3
EDICOLA 3
FARMACIA 3
FIORISTA 3
FRUTTIVENDOLO 3
LAVANDERIA 3
PASTICCERIA 3
PRATICHE AUTO 3
ABBIGLIAMENTO SPORTIVO 2
CALZOLAIO 2
CENTRO MEDICO 2
DENTISTA 2
ERBORISTERIA 2
FOTOGRAFO 2
GASTRONOMIA 2
INTIMO DONNA 2
MACELLERIA 2
MERCERIA 2
MOBILI 2
OTTICO 2
RISTORANTE 2
SALA GIOCHI 2
TAPPEZZERIA 2
TELEFONIA 2
VETERINARIO 2
ABBIGLIAMENTO BAMBINO 1
AGENZIA INTERINALE 1
ALIMENTARI 1
SERVIZI 1
BICICLETTE 1
CARTA PARATI 1
COLORIFICIO 1
COMMERCIALISTA 1
COMPRO ORO 1
COPISTERIA 1
GELATERIA 1
LIBRERIA 1
LIBRI ANTICHI 1
MARKET PESCE 1
MIELE 1
NOLEGGIO VIDEO 1
PRODOTTI ANIMALI 1
PRODOTTI MEDICALI 1
PROFUMERIA 1
QUADRI 1
RICAMBI AUTO 1
SCUOLA GUIDA 1
SERVIZI INTERNET 1
SERVIZIO GAS 1
TABACCHERIA 1
TESSUTI 1
TOELETTE ANIMALI 1
VETRERIA 1
VINO SFUSO 1

Le vie del centro analizzate sono:

Baldesio
Bixio
Brofferio
Cairoli
Cavour
del Lino
Favagrossa
Galleria Gorni
Guerrazzi
Marconi
Martelli
Mentana
Piazza Garibaldi
Piazza Turati
Porzio
Pozzi
Romani
Saffi
Trento
Verdi
XX Settembre


I dati riguardano solo le attività che si affacciano sulle vie e potrebbe esserci qualche piccola differenza nei numeri.



lunedì 15 dicembre 2014

Andare a piedi e in bicicletta

di Raffaele Basile e Luca Madiai
Filosofia del camminare*
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Motivi per camminare? Possono essercene tanti, nella vita di tutti i giorni: l’auto guasta, lo sciopero dei mezzi pubblici, lo scooter prestato all’amico. Qualche “contrattempo” può sempre capitare e allora, sbuffando e talvolta recriminando, dei passi a piedi più del previsto si possono anche fare. Molti la pensano in questo modo, c’è poco da fare. Camminare oltre la dose minima cui si è abituati o farlo al di fuori dei momenti di puro svago, è visto da parecchie persone come una iattura, un ripiego fastidioso, se paragonato ai comodi e poco faticosi mezzi meccanici di locomozione. Un’eccezione che fa rimpiangere la regola. Un’occasione per imprecare contro meccanici ritardatari e maestranze sabotatrici della riposante routine della mobilità su gomma e rotaie. La maggior parte degli occidentali è portata a catalogare il muoversi a piedi tra le perdite di tempo. Nell’Occidente economicamente evoluto, l’atto del camminare abitualmente è divenuto una scelta consapevole e anticonvenzionale, quasi una stravaganza, uno snobismo. Chi si sposta a piedi nel quotidiano rinuncia alla fretta, è come se prendesse le distanze dalla produttività e per certi versi dalla stessa modernità. Tale mancanza di omologazione ai ritmi standardizzati del quotidiano, fa del camminatore abituale un essere atipico, da inquadrare con un po’ di apprensione per questo risvolto della personalità che lo rende meno socialmente controllabile e prevedibile.
Tempo fa, sono rimasto colpito da un cartello vicino a un ristorante su una strada tortuosa e con divieto di sosta su entrambi i lati. Il cartello rassicurava provvidenzialmente i potenziali avventori sul fatto che fosse loro offerto un servizio di autorimessa a titolo gratuito a soli duecento metri di distanza. Ma non era l’unica invitante “promessa”. A disposizione degli avventori c’era anche un puntuale servizio di ”navetta” dal garage al ristorante. Il buon ristoratore intuiva evidentemente che – per molti degli avventori – la sola idea di farsi qualche decina di passi a piedi come antipasto e digestivo del pranzetto sarebbe stata un potenziale dissuasore dal fermarsi presso la sua amena trattoria. Molto probabile che la concorrenza dotata di un bello spiazzo – dove parcheggiare l’auto a fianco dell’ingresso – l’avrebbe avuta vinta. Ecco allora l’indovinata idea imprenditoriale del servizio navetta per colmare la stratosferica distanza di 200 metri a piedi. Un tipico esempio delle distorsioni che può procurare la “crescita” incondizionata dell’economia.
Camminare non è quasi mai considerato un gratificante premio per la mente e il corpo. E’ piuttosto visto come una faticosa punizione per poveracci o per persone stravaganti. A partire dalla rivoluzione industriale, nei Paesi cosiddetti “sviluppati” l’atto del camminare ha perso le caratteristiche di ordinarietà a favore dell’eccezionalità. Eppure, pochi potrebbero negare che il cammino sia uno dei sistemi più efficaci per armonizzare mente, corpo e realtà circostante. In effetti, pochi arrivano a negarlo, ma pochissimi passano poi dalla teoria alla pratica. Tempo fa fu condotto un significativo esperimento sulla percezione del camminare. Si provò a chiedere on the road informazioni su come raggiungere una strada del centro di Milano, in una zona ben servita dai trasporti. La meta distava solo 500 metri dal luogo della richiesta d’informazioni stradali. Nonostante ciò, ben più di due terzi degli interpellati diedero dettagli su come arrivarci attraverso l’utilizzo combinato di metropolitana, tram, autobus. Solo pochi “perversi” spiegarono come giungerci nella maniera più semplice e naturale: a piedi.
Eppure per millenni compiere una serie di passi conservando il contatto col terreno con almeno un piede (questa è la definizione del camminare) è stata un’azione pratica sulla quale non ci s’interrogava più di tanto, un elemento fisiologico dell’essere umano. Progressivamente al camminare sono stati abbinati significati culturali che difficilmente sarebbero venuti in mente ai nostri avi, i quali inglobavano i passi giornalieri nelle attività date per scontate quasi come bere e respirare. I comportamenti della società contemporanea hanno imboccato poco alla volta “sentieri” tortuosi e incerti al posto di vie lineari e ben segnalate. Così anche camminare, è divenuto per molti qualcosa di poco naturale. Tutto ciò è un vero paradosso. Considerare più ovvio prendere l’auto per percorrere un chilometro di strada, quando si abbia una salute accettabile, è decisamente innaturale. Fatto sta che in termini percentuali non camminare rimane la scelta predominante sia in contesti urbani sia extraurbani.
Lo sviluppo patologico di alcuni aspetti della tecnologia e la motorizzazione degli spostamenti vista come scelta principale per la maggior parte delle persone, hanno condotto a una visione del camminare per più di duecento metri quale scelta originale, in controtendenza, al limite della stravaganza. Una scelta da giustificare di fronte agli altri e forse anche a se stessi, nonostante si tratti di un’azione ovvia, sulla quale sono calibrati organi e organismo umano. Chi cammina, pur non aspirando sempre ad arrivare “presto”, spesso nei centri urbani impiega meno tempo di chi si muove motorizzato. Tranne casi sfortunati di chi sia afflitto da patologie invalidanti, la stragrande maggioranza delle persone potrebbe tranquillamente camminare per quattro-cinque chilometri al giorno senza particolari difficoltà, a medie di tutto riposo di due-tre chilometri l’ora. E invece, già l’ascoltare “dista un chilometro a piedi” è qualcosa che procura brividi e orticaria alla maggior parte delle persone. Ci si sente spesso più rassicurati da un “è lontano un quarto d’ora d’auto”, anche se magari la zona da raggiungere dista solo trecento metri e il quarto d’ora di tragitto lo fa il feroce traffico cittadino.
Fino a cent’anni fa, o anche meno, muoversi a piedi era un’esperienza ordinaria e abituale. “Vedo degli uomini come alberi che camminano”, si può leggere nel Vangelo. Una frase che sottolinea anche la stretta connessione tra natura e uomo che è divenuta sempre più latitante. Ora si è quasi persa la percezione del camminare inteso come uno dei sistemi più efficaci per conoscere se stessi e gli altri. Uno strumento a disposizione di quasi tutti per porre armonia tra mente, corpo e realtà circostante. La meta è importante, certo, e di traguardi l’uomo contemporaneo se ne pone tanti. Il ”mezzo” per raggiungere i traguardi è però forse ancora più importante. Camminare può essere mezzo ma anche obiettivo finale e quindi meta. Muovere i propri passi per spostarsi nello spazio è inoltre un comportamento che – fatto con lo spirito e la predisposizione giusti – sa procurare benefici a chi lo pone in essere, senza penalizzare la realtà circostante. Camminare sistematicamente pone, infatti, le basi per realizzare stili di vita benefici sia per il microcosmo personale sia per quello che solo apparentemente ci riguarda solo in via indiretta, vale a dire il “circostante”, ovvero l’ecosistema in cui viviamo. Il ritmo del passo e quello del pensiero si nutrono vicendevolmente. […]
Secondo la scrittrice Rebecca Solnit, l’atto del camminare è un particolare stato in cui la mente, il corpo e il mondo sono allineati come se fossero tre distinti personaggi che riescono a capirsi e dialogare tra loro come accade di rado. Naturalmente, non avrebbe molto senso far diventare il cammino un gesto isolato, circoscritto al puro svago o alla performance occasionale. I benefici del camminare possono essere consistenti a patto che esso diventi l’”Opzione n°1” per i propri spostamenti. Il che non significa certo divenire degli integralisti dei due piedi in movimento. Bandire auto, treni, autobus, scooter, scale mobili dalla propria vita non sarebbe un atto sensato. Semplicemente, occorre pensare a se stessi come ad esseri in grado di spostarsi a piedi quando ce ne siano le condizioni, non rinunciando in altri contesti ai vantaggi che le moderne protesi tecnologiche ci possono offrire.
Andare a un appuntamento in centro, recarsi a fare la spesa quando non sia troppo consistente, portarsi sul posto di lavoro, può il più delle volte essere fatto “a piedi”, senza riservare questi ultimi solo a scarpinate su sentieri di montagna o a sudati percorsi di jogging. “Il camminare di cui parlo non ha nulla a che vedere con l’esercizio fisico propriamente detto, simile alle medicine che il malato trangugia a ore fisse, o al far roteare manubri o altri attrezzi; è invece l’impresa stessa, l’avventura della giornata. Se volete fare esercizio andate in cerca delle sorgenti della vita. Com’è possibile far roteare dei manubri per tenersi in salute, mentre quelle sorgenti sgorgano, inesplorate, in pascoli lontani!”. Con queste parole Henry David Thoreau, scrittore americano, già due secoli fa dava un’idea di come il cammino fatto con un certo spirito potesse essere più gratificante di andare in palestra o giungere in una località comodamente scarrozzati da un’auto o un treno. […]
Tempo
Userei tanto volentieri la bicicletta ma … impiego troppo tempo, e tempo non ne ho mai
Senza dubbio la bicicletta non è il mezzo più veloce, a confronto con i mezzi motorizzati, ma in ambito urbano per distanze dell’ordine dei chilometri può diventare assolutamente competitivo, e in molti casi è senza dubbio il mezzo che permette di raggiungere la destinazione nel minor tempo possibile. È vero le auto e i motorini possono raggiungere velocità di due, tre, quattro volte superiori a una bicicletta, ma a fin dei conti la velocità media è quella che conta, e se è vero che le auto ci superano nei viali sgombri, noi li recuperiamo pedalando agli ingorghi, e seguendo piste ciclabili, parchi e zone pedonali, possiamo ottenere buoni vantaggi. Provare per credere.
Fino a 5-10 chilometri in pianura la bicicletta è senza dubbio il miglior mezzo di trasporto per le zone ad alta densità di popolazione. La bicicletta non crea blocchi di traffico, può viaggiare anche in zone esclusivamente riservate ai pedoni se condotta a mano, può raggiungere zone verdi e centri storici, può essere parcheggiata in pochi secondi.
Se infatti consideriamo gli ingorghi di traffico e l’individuazione di un posto per parcheggiare, l’automobile in città diventa tra i mezzi più lenti e inaffidabili. Di fatto i mezzi pubblici promiscui e le auto dipendono dalle condizioni del traffico e non possono garantire tempi di percorrenza certi; la bicicletta invece potendo viaggiare su corsie preferenziali e su aree pedonali è del tutto indipendente dalla situazione del traffico e conduce a destinazione sempre nello stesso tempo, permettendo di potersi organizzare al meglio e non mancare i propri appuntamenti.
Per le distanze elevate, superiori ai dieci chilometri, i tempi di percorrenza possono essere troppo eccessivi per degli spostamenti quotidiani: si può infatti andare oltre un’ora di viaggio (mediamente per fare 5 km in città si impiegano 20 minuti). In tal caso, si può optare per altri mezzi, oppure se non vogliamo abbandonare la nostra fidata bici, possiamo utilizzare i mezzi pubblici che permettono il trasporto anche delle biciclette (vedremo nel paragrafo dedicato altri dettagli).
Perciò non usare la bicicletta perché “ci vuole troppo tempo” è un alibi che spesso non si regge in piedi, specie se ci spostiamo in ambito urbano.
Clima
Userei tanto volentieri la bicicletta ma … con la pioggia e il freddo non ce la faccio, e il caldo poi!
È vero che è da incoscienti andare in bicicletta in condizioni meteo estreme, ma considerare condizioni estreme qualsiasi scostamento dai 25 gradi centigradi e cielo senza nuvole è altrettanto da sconsiderati. Spesso ci rifugiamo nella giustificazione di un clima troppo freddo o troppo caldo, oppure di una sparuta minaccia di pioggia per autocompiacersi e mettersi la coscienza a posto, ogni volta che siamo tentati di cambiare rotta e invece per pigrizia torniamo alle solite scelte di sempre.
La questione del clima come ostacolo insormontabile all’uso quotidiano della bicicletta non regge molto, basti pensare che nel nord Europa, in paesi come l’Olanda, la Danimarca, la Germania, la bicicletta è normalmente utilizzata nonostante le condizioni meteorologiche siano ben più avverse (inverni più rigidi, piogge e nevicate più frequenti, minor ore di luce) che nel nostro paese, il paese del sole.
Con un po’ di accortezze e qualche espediente è possibile pedalare comodamente dai -5°C ai 35 °C senza disagi o inconvenienti. Provare per credere. Vedremo in dettaglio qualche consiglio pratico nei paragrafi seguenti. […]
Condividere la mobilità
Oggi siamo abituati a pensare in termini individualistici un po’ per tutti gli ambiti della nostra vita, e ciò vale anche per la nostra necessità di spostarci. D’altronde è anche vero che una nuova cultura, un nuovo modo di concepire l’economia e la vita si sta facendo spazio, silenziosamente: una cultura basata sulla condivisione, sullo scambio reciproco, sul dono e sulla fiducia tra esseri umani.
Questa nuova cultura si manifesterà, o si sta già manifestando, anche nella mobilità. L’intermodalità dei trasporti, ovvero l’utilizzo razionale e combinato di più mezzi di trasporto, assieme alla condivisione (in inglese sharing) organizzata o libera dei mezzi cambieranno volto al nostro modo di spostarci e contribuiranno in ultima analisi a cambiare la società intera. In particolare, la bicicletta si presta ottimamente a integrarsi con altri mezzi di trasporto pubblici, per poter coprire il cosiddetto “ultimo chilometro”, non raggiungibile dai mezzi collettivi.
A monte di tale concezione della mobilità, basata sull’integrazione dei mezzi, è indispensabile in ogni caso una progettazione oculata e lungimirante. In questo capitolo approfondiremo i nuovi sistemi di mobilità basati sulla condivisione che si stanno facendo pian piano strada anche nel nostro paese: il car sharing, il bike sharing, il car pooling e il ride sharing. Vediamoli uno per uno. […]

L’articolo di questa pagina raccoglie due brani tratti da “Andare a piedi e in bicicletta” (edito da Area 51 Publishingdi) Raffaele Basile e Luca Madiai. Il libro guarda alla parola crisi nel sul significato più profondo, “discernimento, valutazione, separazione, scelta“. “Vogliamo focalizzarci quindi su quello che noi come singoli individui, che necessitano di spostarsi tutti i giorni - scrivono gli autori - per recarsi nei luoghi delle proprie attività, o anche solo per svago, possiamo fare per alleggerire o azzerare il nostro impatto ambientale, risparmiare tempo e denaro e fare nuove esperienze di socialità e di riscoperta del profondo, del semplice e dell’interconnessione con la natura”. La struttura del testo è divisa in tre parti: la prima dedicata al camminare, la seconda alla bicicletta, le terza alle nuove frontiere della mobilità che si basano sulla sharing economy, ovvero l’economia di condivisione.

giovedì 11 dicembre 2014

Città e Biciclette


HAPPY BIKE COPERTINA

Nel corso degli anni si è sviluppato un modello urbano che ha impoverito le funzioni sociali ed economiche, snaturando la natura relazionale di città, creando distanza e incrementando il senso di alienazione delle persone. Oltre ad occupare lo spazio fisico delle città, le auto hanno anche limitato fortemente il diritto di muoversi con il corpo, di giocare, di vivere di più il proprio quartiere ed essere felici.
Attività come camminare, andare in bicicletta, incontrare gli altri, sono state spesso escluse dalla dimensione collettiva.
Ecco che diventa indispensabile restituire gli spazi urbani alle persone, limitando drasticamente l’uso delle auto, migliorando il trasporto pubblico di massa e incoraggiando l’uso della bici.
È possibile misurare la felicità di una città? Chiaramente no. Non esiste una misurazione oggettiva valida per tutti gli individui, le variabili sono diverse e cambiano da soggetto a soggetto. Tuttavia, molti studiosi sono convinti dell’esistenza di una scala di valutazione del benessere in cui si tiene conto non soltanto del reddito percepito, ossia quanto guadagniamo, ma anche il come ci sentiamo.
Qual è il compito di una città? Che bisogni deve soddisfare?
Le città dovrebbero cercare di massimizzare la gioia e ridurre al minimo le difficoltà. Dovrebbero riconoscere che le persone desiderano il contatto umano e capire l’urgente bisogno di spazi pubblici in cui poter giocare, pedalare, camminare ed essere felici.
Foto tratta da bicizen.it
Progettare la città del domani significa soprattutto abbandonare l’idea della vecchia mobilità in cui l’automobile è il principale mezzo di spostamento e abbracciare una cultura nuova di trasporto in cui prevalgono i valori dell’esperienza umana e i bisogni profondi delle persone.
La bicicletta, quindi, non è solo un mezzo di trasporto, ma anche un punto d’osservazione. Andare in bicicletta è un’occasione per cambiare lo sguardo sulla città, per vederla con occhi nuovi e viverla in maniera diversa.

Questo articolo è tratto da Happy bike (Marotta&Cafiero). Il libro raccoglie analisi sui deliri del dominio dell’auto, illustra le ragioni che portano a considerare la bici come strumento di trasformazione urbana e mostra come l’uso della bicicletta sia fonte di cambiamento personale e di felicità, in grado di sottrarre tempo alla frenesia quotidiana. Il libro si conclude con alcuni suggerimenti alle amministrazioni locali sulle possibili azioni da intraprendere nel breve e medio periodo.

* Alfredo Bellini si occupa da oltre dieci anni di politiche di mobilità urbana e ciclistica. Dal 2006 utilizza ogni giorno la bicicletta per muoversi nella sua città, Napoli. Fondatore del magazine BiciZen.it, tra i blog di biciclette più letti in Italia, nel 2012 ha contribuito a promuovere il movimento Salvaiciclisti.
L’adesione di Alfredo alla campagna 2014 di Comune, Ribellarsi facendo, è leggibile qui: In bicicletta per vivere meglio e felici.
Tratto da:
 http://comune-info.net/2014/12/citta-bicicletta/
 

mercoledì 3 dicembre 2014

Governare i flussi di traffico e rilanciare il Centro Storico


Come Comitato Slow Town apprendiamo dalla stampa locale che in data 17/11/2014 è stata presentata domanda al Comune di Casalmaggiore di insediamento nuova struttura commerciale. Tale struttura commerciale dovrebbe installarsi nello stabile sull'asolana precedentemente occupato dalla catena LIDL.

Premesso che:

  1. La Città di Casalmaggiore ha visto negli ultimi 20 anni un proliferare di aperture di supermercati e centri commerciali enorme rispetto alle reali esigenze della popolazione residente. Ciò ha comportato la totale chiusura delle botteghe di prossimità non solo nel settore alimentare, ma anche in molti altri settori merceologici.

  1. Senza Botteghe di prossimità una città muore perché tali piccole strutture da sempre hanno rappresentato i luoghi della socializzazione e dell'incontro dei Cittadini. La popolazione residente è costretta a spostarsi con l'automobile con un aggravio di costi, e rischi per l'utenza debole quali gli anziani costretti a chiedere aiuto a familiari più giovani muniti di auto e patente oppure deve fare lunghi tragitti a piedi o in bici nella totale insicurezza dalle ciclabili e attraversamenti pedonali verso l'asolana ed il centro commerciale.

  1. I flussi di traffico causati da questa delocalizzazione dei centri di acquisto e dei servizi sono enormi sulle strade cittadine, causando il collasso dell'asolana nelle ore di punta e una maggiore incidentalità con aggravio di costi per i privati e per la collettività.

  1. Il blocco del traffico sull'asola è responsabile del “traffico da attraversamento” di tutte quelle auto che per evitare la coda decidono di entrare nel centro del paese senza avere alcuna necessità di fermata. La totale mancanza di tecniche di moderazione della velocità fa si che questo traffico di attraversamento, oltre ad apportare rumore ed inquinamento inutili, sia con velocità a 50 km/h, limite incompatibile in vie residenziali/commerciali dove affacciano botteghe e porte di casa. Questo traffico innaturale concausa dell'usura del manto stradale cittadino e del porfido in particolare, che non viene più mantenuto in piena efficienza.

  1. Parecchi studi dimostrano che il saldo netto tra assunzioni e perdite di posti di lavoro apportato dalla GDO è negativo, non creando occupazione come qualcuno pensa, ma nella ricerca dell'ottimizzazione dei costi provoca una perdita netta di occupazione.

  1. La Città di Casalmaggiore ha interi palazzi e vie spopolate in centro. Da una recente statistica rilasciata dallo stesso Comune si evince che oltre 1500 sono gli appartamenti vuoti. L'insediamento dei nuovi villaggi di Vicobellignano, Fiammetta e Baslenga, nonché il grande ampliamento di Martignana di Po, hanno delocalizzato le famiglie in lottizzazioni prive di servizi e contribuito a ulteriore traffico veicolare per i tragitti casa-scuola-lavoro-supermercato.

  1. La desertificazione del centro sia di popolazione residente che di botteghe di prossimità provoca degrado, le case non abitate vanno in deperimento, le vetrine vuote si riempiono di sporco e rifiuti, la mancanza dei manutentori principali che sono i Cittadini e i Commercianti provoca anche insicurezza nell'ordine pubblico. Il degrado chiama degrado e delinquenza, zone della Città non più frequentate, diventano fattori di rischio per le famiglie e per i Bambini nei parchi cittadini dove i giochi sono inutilizzabili o pericolosi

Il comitato Slow Town chiede che :

  • Si inverta la tendenza nelle politiche di insediamento commerciale favorendo il Centro Storico, rilanciandolo come Centro Commerciale Naturale, senso della Comunità, luogo di incontro e socializzazione.

  • Si favorisca l'insediamento in centro di Mini Market/strutture leggere, frequentabili quotidianamente dalla popolazione, volano per altre attività commerciali presenti. Ipotizzare l’obbligatorietà di doppia apertura per quelle catene che si insediano nel territorio: un punto vendita esterno su ampie dimensioni (in sostituzione di quelle già presenti) e un punto interno di dimensioni più ridotte.

  • Prevedere sgravi fiscali per chi apre in centro e si impegna a vendere prodotti locali.

  • Si punti a ridurre il traffico veicolare incentivando una mobilità sostenibile dando la possibilità ai residenti di avere i servizi comodi, senza dover obbligatoriamente prendere l'auto per soddisfare le principali esigenze.

  • Sia data priorità alle esigenze dei Residenti e dei Commercianti locali, visto che sono loro che pagano le tasse e sostengono le spese di manutenzione delle strade e della viabilità.

  • Si attuino politiche di Governo del traffico dato che la posizione strategica e di passaggio di Casalmaggiore comporta flussi sull'asolana elevatissimi di 16/18 mila veicoli e nel centro di 3/5 mila veicoli nelle singole vie.

  • non si cerchi di risolvere il blocco sull'asolana aprendo nuovi supermercati, permettendo il traffico veicolare sugli argini, mettendo doppi sensi di marcia nel vie del centro. Qualora le nuove attività fossero responsabili di flussi di traffico consistenti, dovrebbero preventivamente assumersi costi ed oneri, avere piani di mobilità da presentare preventivamente all'apertura.


Nella speranza che ciò che auspichiamo venga accolto ed entri nell'agenda politica di tutte le forze politiche in campo, per il bene della Comunità, rimaniamo in attesa di una Vostra risposta in merito.




Comitato Slow Town

martedì 25 novembre 2014

Rilanciare il Piedibus



La finalità principale del "Piano di Mobilità Scolastica" presentato al Comune di Casalmaggiore il 17 Ottobre scorso è quella di incentivare i Bambini e le Famiglie ad andare a Scuola a piedi o in bici su percorsi sicuri.
Ovviamente lo strumento principe da utilizzare è il Piedibus, che ora coinvolge solo poche decine di Bambini.
In tutte le indagini statistiche sulla mobilità Casa-Scuola l'elemento determinante che fa scegliere l'auto è la Sicurezza, senza sicurezza nei tragitti i genitori non cambiano abitudini.
Per questo abbiamo lanciato l'idea della Linea Blu sull'argine maestro che sarebbe la più sicura in assoluto. Una linea più lunga delle altre che è adatta anche alle bici.
La messa in sicurezza anche dei tragitti delle linee Gialla, Arancione e Verde deve però andare di pari passo.
Per questo il Piano di Mobilità prevede l'introduzione dei 30 km orari di tutte le vie coinvolte dal Piedibus e il totale accesso da parte dei Bambini sui marciapiedi, cosa che ora non avviene in molti tratti, come ad esempio in Via Guerrazzi o in Via Romani, perchè sono presenti, oltre che auto in divieto di sosta, anche stalli sui marciapiedi che non sono a norma con il codice della strada, perchè non permettono un agevole passaggio dei pedoni.
Il Codice della strada infatti stabilisce che il marciapiede è "destinato ai pedoni" e che si può occuparli purchè "sia garantita una zona adeguata per la circolazione dei pedoni e delle persone con limitata o impedita capacità motoria". 
La Sicurezza deve essere assicurata non solo ai Bambini, ma anche agli Operatori Volontari coinvolti, che oggi camminano sulla carreggiata, sia per contenere la carovana sul marciapiede sia per trasportare gli zaini con il carrello a mano. Infatti con tale carrello sui marciapiedi non riescono a passare, sia a causa dei problemi sopra ricordati e sia anche a causa della larghezza dei marciapiedi stessi, che raramente raggiungono il metro e mezzo minimo previsto dalla normativa, .
Questi carrelli portazaini sono molto faticosi da trasportare e visto che chi li spinge è comunque quasi sempre sulla carreggiata sarebbe opportuno venissero sostituti con delle più moderne cargobike che oltre ad essere più funzionali renderebbero più sicuro il tragitto per il volontario.
Il costo totale di questi mezzi, anche non dotati di motorizzazione elettrica, non necessaria vista la bassa velocità delle carovane, si aggira per le 4 linee piedibus/bicibus sui 4/6000 euro  facilmente copribili da un bando sulla mobilità sostenibile e/o da sponsorizzazioni di ditte locali attente all'utilità sociale.
 

lunedì 17 novembre 2014

NUOVA LINEA PIEDIBUS - BICIBUS ARGINE MAESTRO




Molti Genitori non mandano/accompagnano i Bambini a scuola a piedi perchè hanno paura che i loro figli vengano travolti dalle auto. Il fattore Sicurezza prende il sopravvento su ogni altra considerazione. Questo è comprensibile. D'altronde facendo a piedi i percorsi casa scuola non gli si può dar torto. I marciapiedi sono spesso ostruiti dalle auto in divieto di sosta, mentre gli attraversamenti pedonali negli incroci o sono mancanti o comunque pericolosi, perchè sono per la maggiorparte su strade con il limite dei 50 km/h e non ci sono tecniche di moderazione della velocità quali platee rialzate sulle strisce pedonali, restringimenti della carreggiata e barriere di protezione dei pedoni.
Le attuali linee del Piedibus, che devono essere messe in sicurezza, potrebbero però essere affiancate da una nuova linea che sfrutti l'argine del Po e che colleghi le Scuole Elementari con la zona più periferica coinvolgendo tutte le famiglie abitanti sull'argine, e nelle vie parallele Cairoli e Porzio.
Una linea lunga che potrebbe essere anche fatta per un Bicibus.
Il ritrovo iniziale all'altezza della scalinata che collega Via XX Settembre con l'argine Maestro da li proseguirebbe verso le scuole e viceversa.
La linea sarebbe sicurissima perchè quasi totalmente separata dalla circolazione delle auto.
L'unico tratto da mettere in sicurezza è quello tra le due sbarre sull'argine in Via Giordano Bruno (poco più di un centinaio di metri) facilmente realizzabile con ad esempio il posizionamento di paletti che separino il tragitto delle auto da Pedoni e Ciclisti. Fra l'altro quel passaggio è anche sfruttato nei fine settimana da chi passeggia sull'argine dall'Ospedale vecchio a S.Maria e sarebbe opportuno intervenire, ricordiamo infatti che in passato vi erano dei separatori a terra poco efficaci che si sono usurati ed infine sono stati eliminati e che le auto che provengono da via Giordano Bruno affrontano la salita in velocità. 
Alla linea per rimanere totalmente separata mancherebbe solo il collegamento finale tra l'argine in Via Italia e le Scuole Marconi, un collegamento di pochi metri sia pedonale che ciclabile facilmente realizzabile e che in realtà doveva essere pensato già in fase di progettazione quando si è insediato il nuovo plesso scolastico.




mercoledì 5 novembre 2014

Le buche nel porfido e la limitazione della velocità

La sostenibilità economica di Slow Town!

Stamattina piove e passando sulle strade in porfido del centro storico di Casalmaggiore si "apprezzano" meglio tutte le buche e i rattoppi in catrame presenti sulla carreggiata stradale. Queste mini pozzanghere ed avvallamenti, pericolosissimi per Pedoni e Ciclisti, non sono il frutto del caso, ma del passaggio continuo di auto e furgoni/camioncini che a gran velocità, facendo un forte attrito sui ciottoli, ne causa l'usura.
Prendiamo un tratto a caso, ad esempio via Romani, e vediamo il campo di battaglia chiamato strada:





Non è un caso locale, molti centri storici italiani con le strade in porfido sono messe in queste condizioni, pare per mancanza di fondi.
Ora, visto che è il traffico motorizzato il principale responsabile e che non vi sono fondi per ristrutturarlo e mantenerlo in buono stato occorre perlomeno attenuarne la causa puntando sugli unici due fattori che possono  avere un effetto duraturo:


1. La riduzione della velocità dei veicoli a 30 km/h.
2. Lo sviluppo della mobilità ciclabile dei Residenti.

Due "semplici" accorgimenti che permetterebbero al centro storico di rimanere con il caratteristico porfido che sicuramente a livello estetico/storico è da preferire al catrame.
Certo è che se non si prendono immediatamente queste decisioni (visto anche che la carenza di fondi è destinata a durare a lungo) è naturale pensare che nel prossimo futuro l'Amministrazione casalasca sarà costretta a togliere il porfido ed a sostuirlo con l'asfalto per evitare che si arrivi ad un punto di non ritorno nella pericolosità delle strade per tutti i suoi utenti. Anche per la necessità di evitare di essere chiamati in causa dai Cittadini per Responsabilità per i Danni materiali e fisici provocati dalle buche.


 Quindi, al di la della sensibilità individuale dei singoli e della collettività sul tema mobilità ciclabile, puntare su di essa e sulla moderazione della velocità è sicuramente una necessità economica importante per il Comune da non sottovalutare ed una soluzione di lungo termine che fa risparmiare molto denaro. Denaro che oggi non c'è e che per reperirlo occorre inevitabilmente aumentare le imposto locali e/o le multe (visto che in parte è da lì che si ricavano le risorse per la manutenzione), forse se fosse spiegato agli automobilisti residenti quanto costa la manutenzione delle strade, in molti non si opporrebbero alla limitazione della velocità. Slow Town è una soluzione anche economicamente sostenibile, perchè fa risparmiare denaro ai Residenti, liberando risorse che potrebbero essere utilizzate per cose più utili.


lunedì 3 novembre 2014

"SICUREZZA" davanti alla Scuola S.Giuseppe in Via Guerrazzi


Basta una semplice immagine per capire il grado di insicurezza per i Bambini davanti alle scuole casalasche. Parcheggio selvaggio sui marciapiedi, sulle ciclabili e sopra le strisce pedonali.


lunedì 20 ottobre 2014

Dove fare una fermata "Scendi e Vivi" a Casalmaggiore

 Fermate scendi e vivi 
Attività del Piano Mobilità Scolastica
 
La soluzione alla limitazione delle auto attorno alle scuole che abbiamo individuato nasce dallo studio di numerosi esempi in area anglosassone, dove si è incentivato un sistema di carico/scarico dei bambini in zone sicure (fermate park and stride), messe in rete con la scuola attraverso un sapiente progetto di percorsi pedonali sicuri. Il Piano di Mobilità Scolastica propone l’istituzione di speciali punti di fermata/ raccolta -Scendi e vivi- dove i genitori che sono costretti ad usare l’auto per accompagnare o riprendere i figli a scuola possono fare scendere e risalire i bambini in sicurezza, senza alimentare il circolo vizioso e senza mettere in pericolo gli altri bambini che normalmente si recano a scuola a piedi. I punti di fermata e raccolta andranno individuati prevalentemente ai margini dell’Isola felice, salvo poche eccezioni. Da queste fermate dovranno partire i percorsi sicuri che consentiranno agli scolari di proseguire verso la scuola a piedi (o di raggiungere il genitore al termine delle lezioni). Le fermate andranno realizzate in luoghi sicuri e appositamente dedicati. Non esiste comune che non abbia la possibilità di realizzare stalli sicuri in corrispondenza di parcheggi esistenti, o in altri luoghi idonei. Nel caso in cui il parcheggio della scuola non possa essere chiuso al pubblico, una fermata Scendi e vivi potrebbe regolamentare l’uso del parcheggio stesso, rendendolo maggiormente sicuro. Il parcheggio resterebbe consentito al personale della scuola negli orari di lezione mentre, negli orari di ingresso e uscita degli scolari, potrebbe fungere da “rotatoria” per lasciare i bambini. È evidente che questa non è una soluzione ottimale e non è funzionale a riprendere i bambini al termine delle lezioni. Può unicamente contribuire a non sovraccaricare, in modo disordinato e pericoloso, gli spazi prospicienti la scuola al mattino.

Si potrebbe fare una fermata in via Adua qui:


 E far proseguire a piedi i Bambini da soli creando un percorso sicuro e sorvegliato in Via Giovanni Paolo II.

Le immagini parziali delle problematiche per Pedoni e Ciclisti nei percorsi Casa-Scuola a Casalmaggiore.